mercoledì 19 agosto 2015

La trazzera Palermo - Catania e il suo "recupero" da parte del M5S


E' interessante questa faccenda della "Strada dell'onestà" di Catalvuturo che aggira il blocco dell'autostrada A19 Palermo-Catania. Il Movimento di Grillo ha asfaltato un antico tratturo (trazzera, in siciliano) in barba a tutte le norme di tutela del paesaggio. In Puglia avrebbe potuto farlo?


da Huffington Post del 18 agosto 2015 - Teodoro De Giorgio (Twitter: @teodegiorgio)

 

Una nuova strada riduce i tempi di percorrenza tra Palermo e Catania. È la "via dell'Onestà" di Caltavuturo. Così è stata chiamata dai portavoce del Movimento Cinque Stelle dell'Assemblea Regionale Siciliana, che, in attesa del ripristino del tratto autostradale che unisce le due città, hanno stanziato 300 mila euro, frutto del taglio del loro stipendio, per trasformare (quello che a prima vista appariva) un vecchio stradone sterrato di campagna, utilizzato in prevalenza da pastori, greggi e armenti, in una vera e propria strada transitabile, con tanto di installazione di sistemi a garanzia della sicurezza automobilistica.
"Si tratta - si legge nel blog di Beppe Grillo - di una regia trazzera "riesumata" e sistemata con colate di calcestruzzo, canali di scolo, guard-rail e un impianto semaforico". A beneficio di quanti non mastichino il dialetto siciliano, le regie "trazzere" sono percorsi di viabilità storica di natura armentizia, risalenti alla dominazione borbonica (al XVIII secolo, per intenderci), che attraversano campi e terreni. Ai sensi dell'articolo 32 dello Statuto regionale siciliano la competenza delle trazzere, rientranti tra i beni del demanio dello Stato, è assegnata alla Regione.
Nel caso specifico siamo - o meglio, eravamo - in presenza di una trazzera scampata per un pelo alla selvaggia devastazione novecentesca (la trazzera di Caltavuturo, infatti, è intercettata da una strada rotabile), che ha privato la Sicilia di molte preziose testimonianze della viabilità di valore storico ed etnoantropologico.
Insomma, per venire al nocciolo della questione, le siciliane "trazzere", al pari dei pugliesi "tratturi", altro non sono che "Beni culturali", e come tali vengono regolamentati e protetti dall'omonimo Codice, che all'articolo 10, comma 4, lettera g, riconosce alle "vie ... di interesse artistico o storico" o etnoantropologico piena dignità e valenza culturale, decretando al successivo articolo 20 che, proprio in quanto Beni culturali, "non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti a usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico", nella consapevolezza che la topografia degli insediamenti, la morfologia dei centri storici e l'aspetto del paesaggio agrario sono stati influenzati dalla funzione storica svolta da trazzere e tratturi. In questa vicenda, però, si fa presto a intuire che storia, protezione, conservazione e tutela del patrimonio culturale siano letteralmente andate a farsi benedire. Eppure, era il 1785 quando il termine "trazzera" entrava ufficialmente nel vocabolario dell'Isola. In quell'anno il viceré Domenico Caracciolo, marchese di Villamaina, ratificava il divieto d'esazione di pedaggi di sorta per il transito dalle "pubbliche trazzere", a patto che le mandrie non sostassero più di una notte. Il 24 maggio 1788, invece, re Ferdinando stabiliva che sono "regie trazzere" le vie che collegano due luoghi abitati (cfr. Archivio di Stato di Palermo, "Maestro segreto", busta 275, 24 maggio 1788). Tanta era l'importanza di questi percorsi viari che, nei primi decenni del Novecento, il legislatore ha emanato due provvedimenti organici per garantire conservazione, tutela e corretta gestione di trazzere e tratturi (legge 20 dicembre 1908, n. 746, e decreto-legge luogotenenziale 23 agosto 1917, n. 1540). Non solo.
Negli anni venti, per prevenire abusi e devastazioni, furono emanati ben quattro regi decreti (28 gennaio 1923, n. 217, 30 dicembre 1923, n. 3244, 18 novembre 1926, n. 2158, e in particolare 29 dicembre 1927, n. 2801, "Regolamento attuativo per l'assetto definitivo dei tratturi di Puglia e delle trazzere di Sicilia", ancora oggi in vigore) allo scopo di individuare, censire e reintegrare trazzere e tratturi al patrimonio pubblico. Condizioni indispensabili per "sclassificare" o alienare o adibire ad altro uso una regia trazzera è che questa, come disposto dall'articolo 3, comma 2, del R.D. 3244/1923, non sia più necessaria alle attività agricole legate al pascolo e alla transumanza o, come fissato dall'articolo 13, comma 1, della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, non sia più in grado di soddisfare esigenze di uso pubblico. Ma la trazzera di Caltavuturo, fino a prima della sua distruzione, era ancora adibita a uso armentizio, prova ne sia l'apposizione, al termine dei lavori, di specifica segnaletica di pericolo che avverte della probabile presenza sulla carreggiata di animali vaganti o al pascolo ai quali dare precedenza.
Di fatto, questi antichi sentieri di campagna sono parte integrante dell'identità culturale siciliana. Basti pensare che la viabilità storica presente nel territorio è costituita in prevalenza dalle "regie trazzere" (che occupano una superficie di più di 11 mila chilometri), molte delle quali sono state vittime di abusi edilizi - poi, inevitabilmente, condonati e riscattati - o sono state asfaltate e trasformate in rotabili. Qui si capisce perché quelle scampate al massacro, specie le più indifese come la trazzera di Caltavuturo, dovrebbero essere tutelate con maggiore fermezza.
Detto questo, per vero stupisce quanto il sindaco di Caltavuturo, Domenico Giannopolo, ha dichiarato in una nota: "Sul progetto sono stati chiesti e ottenuti i pareri dell'Ufficio Regie Trazzere, dell'Ente Parco Madonie assorbente di quelli dell'Ispettorato Forestale e Soprintendenza di Palermo, del Genio Civile per la sistemazione degli argini del fiume, dell'ufficio tecnico comunale per la regolarità della progettazione e della conformità urbanistica. È stato chiesto anche il parere del Provveditorato regionale opere pubbliche che a seguito di sopralluogo aveva considerato fattibile l'opera con alcuni accorgimenti in fatto di sicurezza". Se le cose stanno realmente così, e non c'è motivo di dubitare della veridicità delle parole del sindaco, ci sarebbero gli estremi di un gravissimo, nonché irreversibile, scempio perpetrato ai danni del patrimonio culturale pubblico da parte degli stessi enti deputati alla sua tutela.
La necessità di tutelare e di garantire la conservazione delle regie trazzere, quali testimonianze materiali del nostro passato, emerge chiaramente dal decreto 20 settembre 2010, n. 2286, dell'Assessorato ai Beni culturali e all'Identità siciliana di "Approvazione del Piano Paesaggistico dell'Ambito 1". Il decreto, seppure riferito all'area del trapanese, contiene una norma che il buon senso vorrebbe valida anche nel nostro caso, visto che i piani paesaggistici di Palermo e Catania sono in fase istruttoria propedeutica alla loro adozione e anch'essi includeranno specifici punti dedicati alla "viabilità storica". Si legge nel decreto: "I comuni nell'adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico dovranno ... individuare a scala territoriale quei tratti di tracciati storici che non siano già stati trasformati in viabilità stradale, provinciale o comunale". "Individuare" per tutelare, tutelare per conservare, conservare per conoscere e valorizzare. Una "valorizzazione" che, purtroppo, a Caltavuturo è sfociata nell'annientamento di un pezzo della memoria storica collettiva.
Ma ripercorriamo brevemente le tappe di questa vicenda. Il 10 aprile 2015 il comune di Caltavuturo convoca i titolari delle locali ditte di costruzione Li Destri e Guggino per avere conferma della loro disponibilità a rendere carrabile, a titolo gratuito, la regia trazzera. Spiega Giacomo Li Destri: "Abbiamo avuto il via libera dall'Ente Parco delle Madonie. Abbiamo stabilito un tracciato e assieme a un'altra ditta della zona, la Guggino costruzioni, abbiamo iniziato". Il 25 aprile il lavoro di "sistemazione della pista trazzerale", con la posa di duemila metri cubi di materiale compattato (per un costo di circa 20 mila euro a carico del comune), è compiuto.
La fase successiva, con la posa dell'asfalto, del calcestruzzo e dell'arredo stradale, avrebbe dovuto essere finanziata - come dichiarato da Giannopolo - dall'Assessorato regionale alle Infrastrutture. Il punto è che quel denaro non è mai arrivato. Ecco, allora, entrare in campo il Movimento Cinque Stelle e garantire il completamento dell'operazione grazie alla donazione privata di 300 mila euro, da aggiungere agli euro racimolati dai cittadini e dal comitato civico "Oltrepassiamo la frana". Il 23 giugno viene firmato il protocollo d'intesa tra Movimento Cinque Stelle, comitato civico e comune di Caltavuturo. All'indomani, senza perdere altro tempo, iniziano i lavori. Il 31 luglio, dopo soli 37 giorni, viene inaugurata la nuova tratta, "in attesa - riporta il blog di Grillo - che le istituzioni (non invitate all'inaugurazione) facciano il proprio dovere e provvedano a risolvere il problema" dell'autostrada franata.
Ora, nell'inaccettabile indifferenza delle istituzioni, ben vengano le proposte di soluzioni alternative, ben venga anche la concreta (e meritevole) disponibilità del Movimento di accollarsi le spese, ma rilasciare autorizzazioni con tanta leggerezza equivale a infischiarsene del patrimonio culturale degli italiani. Possibile che gli enti di tutela preposti non abbiano sentito il dovere di opporre un fermo diniego all'operazione in nome della difesa del paesaggio e della conservazione della viabilità storica? Chi ci restituirà adesso quella regia trazzera, sterrata e incolta com'era? Questa è la degna metafora della politica italiana, così indifferente al patrimonio storico-artistico da prendersene cura e, perfino, da riconoscerlo. Per la serie: meglio una (qualunque) strada oggi, che una (regia) trazzera domani. La verità è che mala tempora currunt per il patrimonio culturale italiano, sacrificato sull'altare "del fare".
E mentre i più avveduti si chiedono a cosa condurrà l'articolo 8, comma 1, lettera e, della Legge Madia sulla riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato, che prevede la confluenza delle soprintendenze nelle prefetture, stiamo già intravedendo quali potrebbero essere i micidiali effetti del "silenzio-assenso" delle soprintendenze, posto in essere dall'articolo 2, comma 1, lettere g e n, e dall'articolo 3, comma 2, della medesima Legge. Oggi è toccato a una povera trazzera, domani chissà potrebbe toccare al selciato millenario dell'Appia Antica di essere trasformato in una comoda bretella autostradale, magari per decongestionare il traffico in entrata e uscita dalla Capitale. Anche in questo caso si tratterebbe di una grave ingiustizia e, soprattutto, della perdita di una parte inestimabile, e sacra, della nostra identità. Guai a non riconoscerlo!

2 commenti:

  1. non c'è articolo più denigratorio di questo, addirittura si arriva a scrivere che si "tratterebbe di una grave ingiustizia e, soprattutto, della perdita di una parte inestimabile, e sacra, della nostra identità"; ma per cortesia, con un paese a pezzi, viadotti che crollano dopo 1 settimana dall'inaugurazione, lavori eterni che non finiscono mai, ci si preoccupa della perdita INESTIMABILE E SACRA della nostra identità?? per una trazzera? una strada di campagna?

    ridicoli, semplicemente ridicoli questi tentativi di infangare un'azione che non ha mai fatto nessuno, risolvere un problema della collettività.

    ci si preoccupasse di capire perchè non è partito ancora l'appalto per i lavori di ripristino del tratto interrotto, ci si preoccupasse di trovare i responsabili che sono quantomeno da licenziare in tronco!! vergogna, questo modo di fare informazione mi fa pena, tutti i media sono schiavi del regime che governa questa povera nazione, ma presto gli italiani cambieranno registro ... ne sono convinto ...

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    1. Il problema, credo, è capire se i lavori sulla trazzera potevano essere fatti in quel modo e se l'opera ha rispettato le norme vigenti in materia di tutela del paesaggio e dei beni culturali. Tutto qui. Credo che sul rispetto della legalità non si possa non essere d'accordo. Un'azione del genere in Puglia, con l'attuale P.P.T.R., credo non si potrebbe fare.

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