mercoledì 27 dicembre 2017

In #Colorado (#USA) da EnviroNews Colorado








#Puma e #OrsiNeri per ora l'hanno scampata







La Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto del Colorado ha bloccato un Piano di controllo dei predatori con cui si eliminerebbero tra i 15 e i 45 Puma e da 30 a 75 Orsi neri per un periodo di tre anni sul versante occidentale del Colorado e oltre la metà della popolazione di leoni di montagna in un'area di 2.370 miglia quadrate nel Colorado centro-meridionale.





Orso nero (Ursus americanus)
Buone notizie per gli animali selvatici e per coloro che li amano. Un Tribunale federale ha temporaneamente bloccato un piano controverso per uccidere i leoni di montagna (Puma concolor) e gli orsi neri (Ursus americanus) su terre pubbliche in Colorado. La sentenza segna la più recente in una serie di vittorie per gruppi ambientalisti contro il governo federale.
La sentenza congiunta, pronunciata il 6 novembre 2017 dalla Corte distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto del Colorado, nasce da una causa avviata ad aprile dai gruppi di conservazione WildEarth Guardians e dal Center for Biological Diversity contro il programma dell'US Wildlife Department del Dipartimento dell'Agricoltura (WSU) finalizzato, mediante il controllo dei predatori, a verificare se se tale prelievo aumenti le popolazioni di Cervi muli (Odocoileus hemionus).
Cervo mulo (Odocoileus hemionus)
Wildlife Services è un ramo del servizio di ispezione sanitaria per animali e piante (APHIS) dell'USDA, e collabora con il Colorado Parks and Wildlife (CPW). I gruppi di conservazione hanno criticato a lungo il Wildlife Service per la sua pratica di uccidere importanti predatori come una forma di "gestione". Nel 2016 quest'ultimo ha ucciso un totale di 2,7 milioni di animali, compresi 1,6 milioni di specie native.
L'agenzia deve ora sospendere le pratiche di controllo dei predatori in alcune parti dello stato fino ad agosto 2018; a quel punto sarà necessario presentare una nuova valutazione ambientale (EA) ai sensi della legge sulla politica ambientale nazionale (NEPA) per determinare gli impatti ecologici generali dei piani.
Leone di montagna (Puma concolor)
Il piano di gestione del Predator Piceance Basin del CPW e il piano di gestione del predatore del fiume Arkansas eliminerebbero tra i 15 e i 45 leoni di montagna e da 30 a 75 di orso nero per un periodo di tre anni sul versante occidentale del Colorado e oltre la metà della popolazione di leoni di montagna in un quadrato di 2.370 metri quadrati -mile area nel Colorado centro-meridionale.
Il divieto temporaneo blocca anche il dispiegamento di M-44 - dispositivi attivati ​​a molla contenenti capsule di cianuro di sodio tossico usati per uccidere coyote, volpi e cani selvatici.
Nel 2016, l'APHIS ha riferito di 60 coyote uccisi intenzionalmente dagli M-44 in Colorado insieme a tre volpi e due corvi uccisi involontariamente.
"Il nostro obiettivo finale con la sfida di questa valutazione ambientale è che vogliamo davvero che i servizi per la fauna selvatica diano un'occhiata a quello che stanno facendo e agli effetti sull'ambiente", ha detto Stuart Wilcox, agente per i guardiani di WildEarth, a EnviroNews in un colloquio telefonico.


Nel Parco Nazionale del Gran Paradiso







Le spettacolari immagini del #gipeto nel primo

Parco Nazionale alpino italiano












Le spettacolari immagini di un gipeto in volo a pochi metri dalla webcam di sorveglianza sono state registrate dai guardaparco del Gran Paradiso in Valsavarenche, nei dintorni di uno dei nidi frequentati dal grande avvoltoio che, dopo l’estinzione del 1913, è ritornato a popolare le valli dell’area protetta negli ultimi anni.
E’ proprio questo il periodo in cui le coppie di gipeti scelgono il nido per riprodursi, il successo delle nascite e della sopravvivenza dipende da molti fattori e soprattutto dalla scelta del luogo dove accoppiarsi e dove costruire il nido. Importante quindi garantire il massimo della tranquillità, così da lasciare i gipeti liberi di scegliere dove deporre le proprie uova, e ridurre al minimo il nostro disturbo.
La scelta del Gran Paradiso come luogo di nidificazione non è casuale, il Parco infatti è territorio ideale per il gipeto per diversi motivi: la facilità di reperire cibo, grazie all’abbondanza di fauna selvatica, la possibilità di trovare spazi idonei alla nidificazione, grazie alla conformazione delle pareti rocciose, ma soprattutto per la tranquillità che può trovare solo in un’area protetta, in cui sono vietati i sorvoli con elicottero o altri mezzi, e in cui il disturbo antropico è ridotto.
Oltre al nido ripreso dalla webcam in Valsavarenche, anche un nido in Valle di Cogne è frequentato da un’altra coppia di gipeti, che ha scelto per il terzo anno consecutivo le pareti rocciose della Valnontey per nidificare.
E’ stata quindi istituita una zona di protezione nei dintorni della cascata di ghiaccio denominata “Fallo di Plutone”, in cui è proibito arrampicare, addentrarsi e disturbare i siti di nidificazione, comprese le attività di osservazione ravvicinata per foto e riprese. Le misure di tutela che sono state adottate perché la nidificazione vada a buon fine, limitano l’attività di arrampicata su ghiaccio in una zona molto modesta della Valnontey che potrà continuare ad ospitare gli arrampicatori nel resto del suo territorio.
Importante per questo motivo anche le attività di divulgazione e di sensibilizzazione svolte in collaborazione con la Società delle Guide Alpine e con gli operatori turistici di Cogne, che già negli scorsi anni si sono dimostrati attenti all’evento e hanno ribadito il proprio impegno nell'aiutare a far comprendere l’importanza della zona di protezione ai tanti arrampicatori che frequentano la Valnontey in inverno.
Oltre alle attività di prevenzione in essere, il monitoraggio del gipeto da parte del corpo di sorveglianza è quotidiano. Il controllo dei siti di nidificazione, in particolare durante la cova e la schiusa dell’uovo, e prima dell’involo del pullo (il piccolo di gipeto) viene fatto dai guardaparco, insieme ai tradizionali strumenti, con mezzi tecnologici particolarmente avanzati, al fine di assicurare un adeguata protezione ai “tesori” del vero e proprio scrigno della biodiversità che è il Parco.

domenica 24 dicembre 2017

MALEDETTSSIMA INFLUENZA. CI AGGIORNIAMO A DOPO NATALE, SPERO. BUONE FESTE A TUTTI.

venerdì 22 dicembre 2017

La #Costituzione della #RepubblicaItaliana compie 70 anni oggi.






Sarà la più bella del mondo ma in qualcosa va cambiata







Secondo Carlo Nordio, l'art. 1 dovrebbe fare riferimento non al "lavoro" ma alla "libertà". Ma anche l'art. 9 dovrebbe essere aggiornato per tutelare, oltre al paesaggio, anche gli ecosistemi naturali e la biodiversità.
Cambiare la prima parte della Carta fondamentale della Repubblica è sempre stato un
tabù che, però, sarebbe ora di superare senza stracciarsi le vesti e strapparsi i capelli.


Risultati immagini per costituzione della repubblica italiana
Firma della Costituzione (27.12.1947). Al centro il Capo provvisorio dello Stato (Enrico De Nicola), a sinistra il Presidente del Consiglio (Alcide De Gasperi), a destra il Presidente dell'Assemblea Costituente (Umberto Terracini)

da "The Guardian" del 22 dicembre 2017






A rischio le #renne dei #Sami e di #SantaClaus. #BuonNatale!
Il Governo norvegese teme il sovrapascolamento della tundra artica.






Un piccolo pastore di renne della comunità indigena Sami nell'#Articonorvegese, ha perso un appello, molto seguito dalla stampa, giovedì presso il tribunale norvegese che ha sentenziato l'obbligo di eliminare 41 dei suoi 116 di capi.
Reindeer in the snow
Photograph: Ben Birchall/PA
Jovsset Ante Sara, che due volte ha sfidato con successo un ordine per ridurre le dimensioni della sua mandria di renne, ha affermato che non può guadagnarsi da vivere con quella scala di macellazione.
Il governo norvegese ha lanciato un appello perché la sua politica mira a prevenire il #sovrapascolamento della #tundra in cui vive una popolazione di renne stimata in Norvegia di 220.000 capi.
La Corte Suprema norvegese ha affermato che l'ordine di selezione non viola i diritti di Sara.
"Mentre leggevo la sentenza, ho constatato che non tiene conto dei diritti dei Sami", ha detto l'avvocato della difesa Trond Pedersen Biti, aggiungendo che faranno appello alla Corte Europea dei Diritti Umani.
All'inizio di questo mese, la sorella del pastore, Maret Anne Sara, ha attirato l'attenzione sul caso appendendo ad una tenda, fuori dal parlamento norvegese a Oslo, 400 teschi di renne perforati da proiettili.

Un buon esempio da #Manfredonia, #ParcoNazionaledelGargano 






La "riservetta" della legalità. Un aiuto alle #zoneumide.






L' “Ex Valle da Pesca” a Manfredonia definitivamente restituita alla natura e alla legalità.



Uno scorcio delle zone umide del Sipontino (Manfredonia - Foggia)
Chiuso il capitolo delle aree del Consorzio per la bonifica della Capitanata, già liberate da costruzioni abusive, ora affidate per la gestione naturalistica al Centro Studi, una nuova stagione di legalità e valorizzazione ambientale si apre per l'“Ex Valle da Pesca”. Dopo la demolizione dei numerosi manufatti abusivi realizzati sull'area e i ricorsi al TAR promossi dagli occupatori per rivendicarne la proprietà, il Consorzio per la bonifica della Capitanata ha chiuso definitivamente la vicenda, raggiungendo la soluzione delle controversie insorte, tale da rendere non più contestabile la titolarità in capo al Consorzio dei terreni e la loro naturale vocazione naturalistica e ambientale. Sono stati, infatti, perfezionati con gli ex occupatori singoli atti di concessione in uso di una piccola parte divisa in lotti, per esclusive finalità agricole ritenute compatibili con gli interessi pubblici coinvolti e con espresso impegno al pieno rispetto delle normative urbanistiche, nonché dei vincoli presenti sull'intera area. Un lavoro sinergico svolto negli anni dal Consorzio per la bonifica della Capitanata, Regione Puglia, Prefettura di Foggia e Forze dell'Ordine coinvolte che ha portato alla demolizione di 13 fabbricati, volume costruito di 1500 metri cubi, nonché di 1500 metri quadrati di piazzali in calcestruzzo, consentendo, altresì, la regolare prosecuzione dei lavori finanziati dall'Unione Europea nell'ambito del Programma LIFE+ Natura e Biodiversità 2009, promosso da Puglia, grazie ai quali è in corso il ripristino delle zone umide che in passato erano state perturbate.Si tratta di un’area ad alto valore ecologico che conserva un'indispensabile funzione di equilibrio idrogeologico al servizio delle aree bonificate; senza di essa, anche le aree messe a coltura o successivamente urbanizzate rischierebbero di essere nuovamente allagate o impaludate. Gli interventi sono stati localizzati presso la foce del Candelaro, uno dei fiumi più inquinati della Puglia, dove la presenza di zone umide rappresenta un determinante effetto mitigatore dell’inquinamento e degli eventi idrologici (alluvioni, esondazioni) che possono rappresentare un pericolo diretto per la vita umana. "E' stato raggiunto un eccellente risultato” – dichiara il Direttore Generale del Consorzio, Francesco Santoro - “oltre al ripristino della legalità ed alla restituzione di una intera area alla sua funzione di patrimonio naturale, si è inteso svolgere - in sintonia con tutti i Partner del Progetto anche una funzione sociale, mediante l'inserimento socio-economico degli ex occupatori che hanno chiesto di poter utilizzare parte delle aree per scopi agricoli compatibili. Un particolare ringraziamento alla Prefettura di Foggia e alle Forze dell'Ordine per l'impegno profuso, senza il quale questo risultato non si sarebbe mai raggiunto”. 

giovedì 21 dicembre 2017

#SusScrofa in #Puglia






150.000 Euro per "censire" i #cinghiali in tutto il territorio regionale.







Emendamento al disegno di legge di bilancio 2018 della Regione Puglia proposto dall'Assessore alle Politiche Agroalimentari e Caccia, Leo Di Gioia e dal Presidente della IV Commissione, Donato Pentassuglia.







L'Assessore alle Politiche Agroalimentari ed alla Caccia della Regione Puglia, presenta un emendamento al disegno di legge approvato dalla Giunta regionale e propone di demandare ai Commissari degli Ambiti Territoriali di Caccia (A.T.C.) ed alle Autorità di gestione delle aree protette regionali le attività propedeutiche all'elaborazione di un Piano di controllo del cinghiale. Sostanzialmente, attivare i necessari ed obbligatori monitoraggi (nel testo di parla impropriamente di "censimenti") delle popolazioni della specie Sus scrofa nel territorio regionale. Se per i monitoraggi ci vorrà troppo tempo, è possibile elaborare "stime ragionate" in "via speditiva", sulla base dei dati di abbattimento (notoriamente inattendibili perché non corrispondenti alla realtà per molto difetto) e dei danni da cinghiale denunciati.
La Regione si impegna ad incentivare, mediante contributo finanziario, analoghe attività anche nei Parchi Nazionali.
Il tutto per uno stanziamento una tantum di 150.000 Euro a carico del bilancio regionale 2018 attingendo dalle tasse di concessione venatoria per il medesimo anno.
Calcolando una superficie agro-silvo-pastorale pugliese utilizzabile per l'attività venatoria "libera" di circa 1 milione di ettari (stima arrotondata per difetto), si ha una spesa per ettaro di quasi 16 Euro. Se poi si dovessero calcolare nel computo delle superfici agro-silvo-pastorali anche le aree sottratte all'attività venatoria (oltre 300mila ettari), ne deriva che l'investimento per le attività di monitoraggio si attesta su meno di 10 Euro/ettaro.
Ma, dicono in Regione, l'importante è dare un segnale politico.



Approvato dal MIPAAF il primo Elenco degli Alberi Monumentali d'Italia







I grandi vecchi da rispettare e salvaguardare







In Puglia sono stati censiti 56 esemplari di cui 5 nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia e 14 nel Parco Nazionale del Gargano.






Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha approvato, con Decreto del 19 dicembre scorso, il primo elenco degli Alberi Monumentali d'Italia.
L'elenco, diviso per Regioni, si compone di 2.407 alberi che si contraddistinguono per l'elevato valore biologico ed ecologico (età, dimensioni, morfologia, rarità della specie, habitat per alcune specie animali), per l'importanza storica, culturale e religiosa che rivestono in determinati contesti territoriali. Sul sito istituzionale www.politicheagricole.it, è stata creata un'apposita sezione dedicata agli alberi monumentali, dove sono indicate caratteristiche e geolocalizzazione dei "monumenti" verdi, con aggiornamento costante.
Risultati immagini per jazzo del demonio ruvo di puglia
La grande roverella (Quercus pubescens) di Jazzo del Demonio, nel Bosco di Scoparella, Ruvo di Puglia,
nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia, è stata catalogata tra gli alberi monumentali d'Italia.
In Puglia sono stati censiti 56 esemplari di cui 5 nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia e 14 nel Parco Nazionale del Gargano.
"Questo primo elenco - ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina - rappresenta uno strumento utile per diffondere la conoscenza di un patrimonio naturale e culturale collettivo di inestimabile valore. Gli alberi monumentali hanno un forte valore identitario per molte comunità e per questo vogliamo promuovere e valorizzare la loro conoscenza tra i cittadini".

L'elenco degli alberi monumentali, appartenenti a specie autoctone e alloctone, è costituito da individui singoli, filari, gruppi e alberature, radicati in contesti agro-silvo-pastorali o urbani. L'approccio valutativo che ha portato all'attribuzione del carattere di monumentalità e quindi all'iscrizione in elenco è stato attento non solo al contesto ambientale, ma anche a quello storico e paesaggistico in cui l'albero o il sistema omogeneo di alberi insiste.
L'elenco è frutto di una intensa attività di catalogazione realizzata, in modo coordinato e sinergico, dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dalle Regioni e Province autonome e dai Comuni, che la legge indica come diretti operatori del censimento. Ai soggetti istituzionali si sono aggiunti, per il supporto scientifico, il Centro di ricerca per l'agrobiologia e la pedologia del CREA, e per le preziose attività di segnalazione, Enti parco, istituti scolastici, professionisti agronomi e forestali, associazioni ambientaliste e cittadini.
Di seguito l'elenco:







mercoledì 20 dicembre 2017

Nel Parco Nazionale di Broads (Regno Unito)





Il pipistrello di Nathusius espande la presenza nel Regno Unito





I rari pipistrelli scoperti a Whitlingham Country Park







Una rara specie di pipistrelli, nota come le pipistrello di Nathusius (Pipistrellus nathusii), inserita nella Lista Rossa IUCN, è stata scoperta nel Whitlingham Country Park. I risultati delle indagini condotte da Norwich Bat Group hanno mostrato che il sito è uno dei più importanti del Parco Nazionale di Broads per questa specie di pipistrelli non comune e poco conosciuta.
Distribuzione del Pipistrello di Nathusius
Un esemplare di Pipistrello di Nathusius catturato nel Parco Nazionale di Broads
Il 2017 è il primo anno in cui Norwich Bat Group è entrato a far parte del progetto National Pipistrelle di Nathusius gestito da The Bat Conservation Trust. Il progetto ha già rivelato importanti informazioni su questa specie mediante catture ed inanellature per identificare gli individui. È stato scoperto che, oltre ad essere una specie residente nel Regno Unito, i pipistrelli di Nathusius migrano tra paesi dell'Europa nordorientale come la Lettonia, la Lituania e il Regno Unito. I pipistrelli migrano verso sud durante i mesi autunnali per sfuggire agli inverni rigidi e tornare in primavera, attraversando il Mare del Nord nel loro viaggio verso e dall'Europa.
Questa estate, il gruppo di Norwich ha catturato i pipistrelli di Nathusius in otto punti distinti tra il Parco Nazionale di Broads e altri due siti nel North Norfolk. I metodi di cattura non danneggiano i pipistrelli che vengono rilasciati immediatamente dopo la conferma dell'identità, della pesatura, della misurazione e l'inanellamento con un numero di anello univoco. Un totale di trentadue sessioni di trapping sono state effettuate da ventidue volontari dedicati e cinquantadue pipistrelli di Nathusius sono stati inanellati nel Parco Nazionale di Broads, tredici di loro a Whitlingham.
Andrea Kelly, l'ecologo senior dell'Autorità di Gestione del Parco Nazionale di Broads, ha detto del progetto: "L'Autorità di Broads ha finanziato e sostenuto questo progetto vitale e speriamo che porterà i pipistrelli di Nathusius ad essere meglio studiati e quindi meglio protetti in futuro."

In corso a Bonn (Germania)





Global Landscapes Forum: le esperienze del restauro dei paesaggi e le convenienze ambientali.










Il 19 e 20 dicembre, il Global Landscapes Forum ha riunito 1000 partecipanti provenienti da 103 paesi nel World Conference Centre di Bonn. In totale, sono state raggiunte 21.610.513 persone attraverso i social media e 51.000 persone sintonizzate in diretta da 114 paesi diversi per connettersi, apprendere, condividere e agire per le più grandi sfide climatiche e di sviluppo del nostro pianeta.

Guidato dal Centro di ricerca forestale internazionale (CIFOR) insieme ai partner fondatori dell'ONU/UNEP e della Banca mondiale, con fondi di base forniti dal governo tedesco, il Global Landscapes Forum (GLF) accelera l'azione verso la creazione di più resilienti, equi, redditizi paesaggi produttivi e salubri e il raggiungimento dell'accordo UNFCCC di Parigi e degli obiettivi di sviluppo sostenibile (Agenda 2030).

Dal Centro visite "Torre dei Guardiani" del Parco Nazionale dell'Alta Murgia







Escursione a Piano del Monaco, Andria








Risultati immagini per andria parco nazionale dell'alta murgia
Ultima passeggiata dell’anno per il Centro Visita Torre dei Guardiani. Sabato 23 dicembre, in mattinata, le guide naturalistiche vi portano in escursione a Piano del Monaco, in territorio di Andria. L’appuntamento è per le 9.00.
Si parte dall’Agriturismo Piano del Monaco, situato nella omonima piana, ai piedi dei più alti rilievi murgiani, tra cui Monte Caccia. L’itinerario si snoda tra i pascoli rocciosi, i coltivi e qualche stradella bianca, dunque in massima parte su percorso libero, attraversando spazi apertissimi. Interessanti sono i numerosi trulli che punteggiano i coltivi, i panorami ampi dall’Appennino al Gargano, oltre alla sommità del rilievo che raggiungeremo, occupato da rocce aguzze e cesellate dal carsismo. Nei pressi dell’Agriturismo c’è uno jazzo con anesso mungituro. Il percorso, ad anello, è lungo circa 5 chilometri, con un dislivello di 100 metri circa. Non presenta particolari difficoltà. Si consiglia caldamente abbigliamento antivento e a strati.
Per partecipare all’escursione è necessario prenotarsi, chiamando il numero 080.3743487 (dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 18.30) oppure inviando una mail all’indirizzo prenotazionitorredeiguardiani@gmail.com, indicando il numero dei partecipanti e il numero di telefono di uno dei referenti del gruppo. E‘ possibile prenotarsi entro e non le 12 di venerdì 22 dicembre. I prenotati saranno ricontattati dallo Staff del Centro Visite Torre dei Guardiani per comunicare eventuali informazioni pratiche sul’escursione. L’escursione potrà essere annullata nel caso in cui non si raggiunga il numero minimo di partecipanti o in caso di avverse condizioni climatiche.
L’escursione, è a cura dell’ATS “Torre”, l’Associazione Temporanea di Scopo, “Torre” formata da Di.Di. srl (Oasi Naturale di Torre Calderina), Laetitia, Terrae, Ulixes, Verderame, che ha in gestione il Centro Visita Torre dei Guardiani. Alcune delle attività in programma sono in collaborazione con le 29 associazioni partner dell’ATS. Il programma completo degli eventi e delle escursioni è disponibile sul sito istituzionale del Parco www.parcoaltamurgia.gov.it.
Al Centro Visita, in contrada Jazzo Rosso, a Ruvo, nella sede del Parco, a Gravina, e presso l’Officina del Piano, a Ruvo, sarà possibile recuperare anche la copia cartacea del programma, che contiene, fra le altre cose, il “vademecum del buon escursionista”, con consigli pratici per affrontare al meglio i percorsi proposti. Il programma è disponibile anche sulla fan page del Centro Visita Facebook “Centro Visite Torre dei Guardiani”.

da @iononhopauradellupo






Guida popolare al ritorno del lupo sulle Alpi







Bel video dell'Associazione "Io non ho paura del lupo" che sfata alcuni miti negativi sul principe dei predatori.










lunedì 18 dicembre 2017



MORTO Altero Matteoli.



CON LUI #MINISTRODELLAMBIENTE FU ISTITUITO IL Parco Nazionale Alta Murgia.





 

UNA MORTE VIOLENTA, QUELLA DEL SENATORE Altero Matteoli, AVVENUTA QUEST'OGGI SULLA STATALE AURELIA, ALL'ALTEZZA DI #CAPALBIO. CON LUI #MINISTRODELLAMBIENTE, FU ISTITUITO IL Parco Nazionale Alta Murgia. ERANO I TEMPI IN CUI IL GOVERNO NAZIONALE ERA RETTO DA UNA MAGGIORANZA DI CENTRODESTRA E QUELLO REGIONALE DELLA PUGLIA, PURE (CON Raffaele Fitto PRESIDENTE). ERA IL TEMPO, STRANO DEVO DIRE, IN CUI L'ISTITUZIONE DEL SECONDO #PARCONAZIONALE IN #PUGLIA AVVENIVA IN UN CONTESTO POLITICO CHE SAREBBE DOVUTO ESSERE DEL TUTTO AVVERSO. INVECE, GLI ANNI DAL 1995 AL 2005 FURONO QUELLI IN CUI LA POLITICA REGIONALE SULLA #CONSERVAZIONEDELLANATURA, SU #RETENATURA2000 E SULLE #AREEPROTETTE PRESE LETTERALMENTE IL VOLO. CERTO, CON PERIODI DI NOTEVOLI FRIZIONI, CON RALLENTAMENTI ED ACCELERAZIONI. MA, IL RICORDO DI COME LA Regione Puglia GIUNSE A DELIBERARE L'INTESA CON IL GOVERNO CENTRALE PER L'ISTITUZIONE DEL Parco Nazionale Alta Murgia, RIMANE PER SEMPRE TRA I PIU' BELLI DELLA MIA CARRIERA. MAI AVREI IMMAGINATO DI RIUSCIRE AD IMPLEMENTARE, ASSIEME AI POCHISSIMI "DISPERATI" DELL'#UFFICIOPARCHI DELLA Regione Puglia, UN'AUTENTICA POLITICA DI CONSERVAZIONE IN UN CONTESTO POLITICO APPARENTEMENTE DEL TUTTO SFAVOREVOLE. MA, COME HO IMPARATO, TUTTO E' POSSIBILE: ANCHE SMENTIRE I PREGIUDIZI. FORSE QUESTA ESPERIENZA, CHE PARTE DAL 1990 NELLA #PUBBLICAAMMINISTRAZIONE NEL CAMPO DELLE #POLITICHE PER LA #CONSERVAZIONEDELLANATURA, HA SEGNATO LA MIA STORIA PERSONALE.
ALTERO MATTEOLI E' STATO PARTE DI QUESTA STORIA, ANCORCHE' FOSSE "LONTANO". QUANDO VENNE A VISITARE LA SEDE DELL'ENTE Parco Nazionale Alta Murgia, FUI CONTENTO D'AVERLO CONOSCIUTO DI PERSONA. CERTO, NE HA COMBINATE ANCHE LUI, SOPRATTUTTO LI' IN #TOSCANA MA PER IL PARCO NAZIONALE DELL'ALTA MURGIA E' STATO L'UOMO DELL'INIZIO DELLA STORIA CON #GIROLAMOPUGLIESEPRESIDENTE.

venerdì 15 dicembre 2017

da The Guadian - 14 dicembre 2017





L'Unione Europea non deve bruciare le foreste del mondo per l'energia "rinnovabile"




Un "difetto" nel piano europeo per le energie pulite consente al combustibile proveniente da alberi abbattuti di essere qualificato come energia rinnovabile ma, in realtà, così si accelera il cambiamento climatico e si distruggono le foreste.




L'Unione europea si sta muovendo per attuare una direttiva per raddoppiare le attuali energie rinnovabili nel continente entro il 2030. Questo è ammirevole, ma un "difetto" nella versione attuale accelererebbe i cambiamenti climatici, permettendo ai Paesi, alle centrali elettriche ed alle fabbriche di incentivare l'abbattimento degli alberi e la loro combustione sarebbe qualificata  come energia rinnovabile.
Anche solo una piccola parte del fabbisogno energetico europeo richiede una grande quantità di alberi e, per evitare profondi danni al clima ed alle foreste in tutto il mondo, il Consiglio ed il Parlamento europei devono correggere il tiro.
I produttori europei di prodotti in legno hanno generato per decenni elettricità e calore come sottoprodotti benefici, utilizzando scarti di legno e residui forestali limitati. La maggior parte di questo materiale decompone e rilascia anidride carbonica in pochi anni, quindi usarli per sostituire i combustibili fossili può ridurre l'anidride carbonica aggiunta all'atmosfera in pochi anni. Sfortunatamente, la direttiva non si riferisce ai residui legnosi ed i Paesi e le società finanziarie potrebbero abbattere alberi semplicemente per bruciarli per produrre energia.

Parchi per chi?


Con la Legge di Stabilità 2018 si istituiscono nuove Riserve Marine e nuovi Parchi Nazionali. Ma i problemi legati all'imbuto autorizzativo che si crea quando più Amministrazioni pubbliche devono esprimersi in merito ad un piano o ad un progetto, non vengono risolti. Con buona pace del "gradimento" verso le aree protette.



di Fabio Modesti



Faro di Punta Palascia (Otranto), il punto più ad Est d'Italia.


Parchi per chi? Questa domanda si ripropone sistematicamente ogni qual volta lo Stato e le Regioni si apprestano ad istituire una nuova area protetta. Nella Legge di Stabilità 2018 (approvata dal Senato ed ora all’attenzione della Camera dei Deputati) è prevista l’istituzione della Riserva Marina di Capo d’Otranto, in un tratto di mare prospiciente il Parco Naturale regionale Costa Otranto-S. Maria di Leuca. La disposizione della Legge di Stabilità statuisce, per l’avviamento della Riserva, lo stanziamento di 100.000 Euro per il 2018 e di 300.000 Euro a partire dal 2019. Inezie. Ma chi gestirà la Riserva statale di Capo d’Otranto? Chi armonizzerà la disciplina di tutela a terra ed a mare? Chi rilascerà autorizzazioni e poi nulla osta e pareri? Due soggetti giuridici diversi? La ragionevolezza avrebbe voluto che la disposizione di Legge sancisse anche che il gestore delle due aree protette fosse unico e cioè il soggetto che già ora gestisce il Parco regionale. Invece, nel testo approvato dal Senato, nulla si dice. Ed è qui che la pur condivisibile “ansia da area protetta” rischia di scontrarsi con la realtà. Le domande poste sono ineludibili e vanno date risposte subito, senza aspettare che ci si avvii, perché dopo può diventare troppo tardi. I “cittadini dei Parchi” (e di tutte le aree protette) hanno bisogno di sapere se la loro vita sociale ed economica troverà un ulteriore ostacolo oppure troverà una pubblica amministrazione amica.
Uno dei processi virtuosi che il Legislatore (nazionale e regionale) potrebbe attivare sarebbe quello di armonizzare e razionalizzare le procedure autorizzative in aree protette. Ricondurre al solo Ente gestore dell’area protetta tutte le funzioni relative ad aspetti che gli sono propri: autorizzazione paesaggistica, autorizzazione forestale, valutazione di incidenza e valutazione di impatto ambientale. Almeno queste. La vita degli imprenditori e dei cittadini nelle aree protette sarebbe diversa, migliore. Si ridurrebbe il rischio di corruzione e di concussione, vi sarebbe un solo soggetto responsabile di fronte alla legge e non dieci, venti funzionari che scaricano responsabilità su altrettanti. Ma lo Stato e le Regioni (la Regione Puglia in particolare) non ne vogliono sapere. Alla Regione Puglia la proposta è stata più volte presentata in particolare dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia fin dal 2007. Mai accolta. Perché? Forse perché in questo modo si ridurrebbe il “potere negoziale” degli Enti locali? Un potere il cui esercizio è quanto mai pericoloso e, molte volte, privo di competenze, come purtroppo apprendiamo ogni giorno.
Risultati immagini per parco naturale costa otranto
La aree protette sono uno straordinario punto di osservazione di come va un territorio, di come si articola la società di quel territorio. Gestire un’area protetta (nel caso del sottoscritto un Parco Nazionale, quello dell’Alta Murgia, fino a qualche giorno fa) consente di sviluppare una capacità di sintesi e di selezione delle priorità straordinaria. Consente di intessere relazioni virtuose con i detentori di interessi grazie alle quali , in molti casi, non è necessario ricorrere alla disposizione ostativa ovvero alla repressione così da prevenire azioni contrarie alle finalità dell’area protetta e far sì che le attività economiche che lì si svolgono producano benefici per l’intero territorio protetto e finanche per territori più vasti. Producono i cosiddetti Servizi Ecosistemici di cui oggi tutti parlano senza sapere bene di che cosa si tratti.
Insomma, non basta mettere le bandierine su una mappa per affermare una potestà di legge, quella di istituire aree protette. Quella potestà (che sia esercitata dallo Stato oppure dalle Regioni e da altri Enti territoriali) deve affermare il buon governo dei territori e l’assunzione della responsabilità di rendere la vita delle persone migliore, con una pubblica amministrazione che sia loro vicina e non percepita come “lontana” e“nemica”, ulteriore carrozzone pubblico succhiasoldi.


Caccia, in legge di Bilancio un emendamento da «far west su fauna oggetto di controllo»



Wwf, Lipu, Lav, Enpa e Lac chiedono l’immediato ritiro dell’emendamento, segnalato tra quelli prioritari del Pd




Le associazioni Wwf, Lipu, Lav, Lac, Enpa chiedono l’immediato ritiro dell’emendamento segnalato tra quelli prioritari del Pd che elimina ogni vincolo e ogni regolamentazione oggi imposta dall’art. 19 della legge 157/92 in merito alla gestione faunistica, creando un vero e proprio far west dove ogni abbattimento può essere fatto senza limiti, con qualsiasi pretesto e da chiunque.
«L’emendamento vuole escludere dalla legge 157/92 “ il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola” e ovviamente anche “gli interventi di controllo e l’attuazione dei piani di abbattimento” togliendoli così da ogni regolamentazione, in particolare quella prevista proprio dall’art.19 che impone una serie di rigide condizioni, tra cui l’obbligo dell’utilizzo prioritario dei metodi ecologici, pareri scientifici dell’Ispra e figure ben precise che dovrebbero operare. Invece con questo emendamento, non ci riferirà più ad alcuna norma e si creerà una situazione di caos di cui ne saranno certamente favoriti i cacciatori, e chi potrà trarre profitto dalle inutili uccisioni degli animali».

Un drammatico pasticcio, commentano le associazioni, poiché essendo la fauna selvatica protetta, non è tecnicamente possibile decidere di escludere dalla legge stessa le specie oggetto di controllo sottraendole ad ogni forma di tutela e regola. «Si assisterà, tra l’altro nella totale assenza di controlli, a vere e proprie stragi compiute da chiunque, anche persone senza licenza di caccia e dotate di armi oggi non consentite dalla legge sulla caccia, catture con ogni sorta di mezzo, in ogni periodo dell’anno e da persone impreparate, senza limite alcuno, neanche di età degli animali.

Un inaccettabile far west venatorio che aumenterà anche il già drammatico numero di morti e feriti per caccia. Anche sotto falso nome si tratterà comunque dell’aumento incontrollato di persone armate di fucile in giro per campi e boschi»

Wwf, Lipu, Lav, Lac, Enpa: «Chiediamo fortemente di ritirare questo indecoroso emendamento, pericoloso per gli animali e anche per la tutela della pubblica incolumità. Soprattutto chiediamo che la legge di Bilancio svolga le funzioni per cui è nata, e che non si presti ad essere un pretesto per dei blitz atti a modificare norme che non c’entrano nulla con questioni economiche: si ritorni alla correttezza e al rispetto delle regole».

Da "Greenreport.it" del 15 dicembre 2017











Birdwatching: quanto vale un oriolo dorsonero? Almeno 223.851 dollari per un paesino della Pennsylvania


Negli Usa per il birdwatching vengono spesi fino a 40 miliardi di dollari all’anno


L’arrivo di un singolo oriolo dorsonero (Icterus abeillei) nella Pennsylvania rurale, a 5.000 chilometri dal suo areale abituale in Messico, ha portato entrate per 223.851 dollari per l’economia locale grazie ai mumerosi bird watchers che sono accorsi per vederlo e fotografarlo.

A dirlo è lo studio “Travelling birds generate eco-travellers: The economic potential of vagrant birdwatching” pubblicato su Human Dimensions of Wildlife da un team di ricercatori australiani dell’università del New South Wales (Unsw), dell’Australian Museum, della Charles Sturt University e Royal Botanic Gardens di Sydney, che è il primo a quantificare l’impatto economico di un uccello vagabondo; una specie osservata al di fuori della sua normale area geografica.

Il principale autore dello studio, Corey Callaghan, del Centre for Ecosystem Science della chool of Biological, Earth and Environmental Sciences dell’Unsw, spiega che «Più di 1.800 appassionati di birdwatching provenienti da tutti gli Stati Uniti e da aree del Canada sono venuti a vedere l’oriolo dorsonero che è stato avvistato per la prima volta in un cortile suburbano il 26 gennaio 2017. L’uccello è rimasto per 67 giorni, fino al 10 aprile, e stimiamo che questo evento di ecoturismo abbia generato più di 3.000 dollari al giorno per l’economia locale ed ancora di più in un’area più estesa grazie ai costi di viaggio, cibo e alloggio dei turisti dell’avifauna».

Richard Kingsford, direttore del Center for ecosystem science dell’Unsw, è convinto che «A volte c’è una percezione sbagliata del ruolo che la biodiversità gioca nella nostra economia. Qui dimostriamo che dalla conservazione della biodiversità vengono dollari reali. Questo singolo uccello ha dato un contributo importante all’economia».

Con la comparsa dell’oriolo dorsonero in una mangiatoia per uccelli in un cortile rurale della contea di Berks, in Pennsylvania, è stata sola la seconda volta che questa specie veniva registrata negli Stati Uniti.

Per stimare il valore economico dell’evento, i ricercatori australiani hanno esaminato un registro dei visitatori tenuto dai proprietari del giardino della casa dove bazzicava l’oriolo e hanno chiesto ai turisti quanto era costato loro il viaggio e il soggiorno i viaggio.

Callaghan, che è un appassionato birder, spiega ancora: «Mi sono sempre chiesto quanto denaro venga generato da un evento unico e imprevedibile come quello di questo uccellino – la caccia agli uccelli vagabondi – dato il numero di persone che a volte percorrono lunghe distanze per vedere un singolo uccello al di fuori della suo normale areale. Questa è stata una rara opportunità di scoprirlo, e il nostro studio rivela quante persone sono disposte a pagare. Ogni anno ci sono dozzine di eventi simili in tutto il mondo».

Negli Stati Uniti, in Australia, in Europa e ormai un po’ in tutto il mondo, il birdwatching è un grande business. Secondo l’United States Fish and Wildlife Service, per il birdwatching negli Usa ogni anno vengono spesi fino a 40 miliardi di dollari.

I ricercatori australiani concludono: «In definitiva, tutti gli uccelli dipendono dal loro habitat e quindi i benefici per l’economia derivanti dal birdwatching devono essere bilanciati con le minacce ambientali che distruggono i loro habitat, come il disboscamento del terreno. Sono necessarie valutazioni economiche approfondite sullo sviluppo urbanistico, dato il valore “passivo” per l’economia dal birdwatching».

giovedì 15 giugno 2017

Vita selvaggia nell'obiettivo

http://www.newyorker.com/culture/photo-booth/nick-nicholss-arresting-intimacy-with-the-wild-world/amp

domenica 11 giugno 2017

da ISPRAPRESS






Oltre 500 esemplari di uccello spatola nell'area del Delta del Po. Il video ISPRA è online. 









domenica 7 maggio 2017

da "EFE Verde" - 05 maggio 2017






La popolazione di gallina prataiola in Spagna diminuita del 50%







In Spagna si concentra tra il 50 ed il 70% della popolazione mondiale.

L'ultimo censimento coordinato da SEO / BirdLife in Spagna mostra una riduzione media del 50% dei maschi e in regioni come Estremadura, Navarra e Murcia supera il 60%. Il declino della gallina prataiola, dichiarato "uccello dell'anno" nel 2017 da SEO / BirdLife, viene calcolato dopo aver confrontato i dati dei censimenti del 2005 e del 2016 (ultimo dato disponibile).




Due maschi di gallina prataiola in combattimento (disegno di Francesco Petretti)




La gallina prataiola (Tetrax tetrax) è una delle specie più rappresentative degli uccelli delle steppe spagnole, tuttavia la riduzione del numero di coppie è un dato confermato dall'ultimo censimento nazionale della specie.
La regressione della popolazione di questa specie può essere attribuita alla distruzione o alla conversione dei suoi habitat - campi di cereali e praterie - a causa delle aziende dedite a pratiche agricole intensive.
Il calo in Extremadura, Navarra e Murcia supera il 60%; in Aragona il 60%; nella regione di Madrid il calo è del 45%, simile a quella della Catalogna, con il 50%.
La regione di Castilla-La Mancha, centrale per le specie rappresentando il cuore della distribuzione della popolazione iberica, ha registrato un calo del 46% tra il censimento del 2005 e quello del 2016.
A questo calo della densità di popolazione gallina prataiola in Spagna bisogna sommare anche il calo del 47,8% del numero stimato di maschi riproduttivi in Portogallo, il che indica chiaramente che l'intera popolazione iberica si sarebbe dimezzata negli ultimi dieci anni.

"La gallina prataiola in Europa occidentale è al collasso."

Questi dati mettono in pericolo l'intera popolazione di gallina prataiola in Europa occidentale, costringendo a riconsiderare il suo attuale stato di conservazione a livello nazionale spagnolo da "quasi a rischio" a "vulnerabile".
Il primo censimento nazionale della gallina prataiola è stato condotto nel 2005 e ha mostrato una tenuta della dimensione della popolazione spagnola stabiltasi, poi, tra i 43.000 e i 71,700 individui, Si stima che negli anni '90 del secolo scorso abbia raggiunto il numero tra i 100.000 ed i 200.000 individui.







da "Il Mattino di Padova" 06 maggio 2017 - di Cristiano Cadoni






COSI' IN #VENETO ELIMINERANNO TUTTI MA PROPRIO TUTTI I #CINGHIALI IN TRE ANNI. CERTAMENTE! SICURAMENTE! QUALUNQUEMENTE!











venerdì 5 maggio 2017

da "The connection to your community" - 02 maggio 2017 - di Bill Hafker






Per conservare "la migliore idea americana":

i Parchi Nazionali






Gli americani ed i visitatori degli Stati Uniti stanno visitando i Parchi con numeri record. Tuttavia, di fronte a questo grande spettacolo di sostegno, il National Park Service sta affrontando una sfida seria: reperire 12 miliardi di dollari per riparare infrastrutture necessarie.

Probabili 500 milioni di dollari all'anno fino al 2047 dalle entrate pubbliche derivanti da royalties da petrolio e gas.









Come appassionato di Parchi Nazionali, mi sono sentito molto privilegiato di essere nel Parco Nazionale di Acadia il 25 agosto 2016 quando il National Park Service (NPS) ha celebrato il suo centenario. Ho trovato il mio ricordo preferito del Parco Nazionale; un'immagine delle iconiche "Bubbles at Jordan Pond", firmata dall'intera delegazione del Congresso del Maine. Erano lì per celebrare l'evento ed è stato stimolante ascoltare il loro appoggio unanime, bipartisan ed emotivo al Parco di Acadia e per l'intero sistema dei Parchi Nazionali. Mi ha fatto sperare il fatto che la mia delegazione del Congresso di Virginia sia stata inequivocabilmente favorevole ai numerosi siti del Parco Nazionale che siamo fortunati ad avere a pochi pochi minuti, o a poche ore, dalla contea di Fairfax.
Acadia National Park
Il National Park Service negli ultimi 100 anni ha protetto molti dei paesaggi più scenici dell'America, la sua diversa fauna selvatica, spesso minacciata, ed elementi chiave della nostra storia culturale. Mentre celebriamo 100 anni della "Migliore idea dell'America" ​​ed attendiamo ulteriori integrazioni al sistema, non dobbiamo perdere traccia del lavoro critico finalizzato a curare e mantenere le gemme già presenti nel sistema.

Gli americani ed i visitatori degli Stati Uniti stanno visitando i Parchi con numeri record. Tuttavia, di fronte a questo grande spettacolo di sostegno, il National Park Service sta affrontando una sfida seria: reperire 12 miliardi di dollari per riparare infrastrutture necessarie. Queste vanno dai percorsi non manutenuti, alle strade sgretolate, ai centri visitatori costruiti più di 50 anni fa in disperato bisogno di ristrutturazione. Alcune cose possono possono attendere maggior tempo per essere riparate, ma molte altre, come gli edifici storici, no. Sono rimasto in fila per usare un orinatoio accanto a un bagno chiuso, il cui uso continuo fa perdere i liquami non trattati nell'ambiente attraverso tubi vecchi o danneggiati. Queste infrastrutture decadenti mettono in pericolo sia il futuro di questi tesori del patrimonio americano, sia le economie locali che lo sostengono in modo significativo.

In Virginia, i Parchi Nazionali non sono solo luoghi che proteggono pezzi importanti del nostro ambiente e del patrimonio naturale, ma sono anche i motori economici più importanti. Secondo le stime del National Park Service, i visitatori dei Parchi Nazionali in Virginia, nel 2015, hanno speso 982,9 milioni di dollari nei territori locali. Questo ha sostenuto oltre 15.000 posti di lavoro ed ha aggiunto una stima di 1,3 miliardi di dollari nell'indotto economico in Virginia. I Parchi Nazionali in Virginia affrontano la spesa enorme di 816 milioni di dollari nelle riparazioni necessarie. I Rangers e il personale dei Parchi fanno il meglio che possono, ma se non affrontati, questi problemi influenzeranno negativamente, in alcuni casi in modo permanente, le condizioni di queste risorse preziose e l'esperienza dei visitatori, riducendone il numero. Se si continuerà a non finanziare le attività di ristrutturazione e restauro, il futuro di questi assett straordinari e la vitalità economica delle aziende e delle comunità locali dei Parchi, resterà minacciato.
Fortunatamente, la legislazione bipartisan recentemente introdotta dai senatori Mark Warner (Democratico della Virginia) e Rob Portman (Repubblicano dell'Ohio) fornirà al National Park Service più risorse per iniziare a fermare il degrado. Il National Park Service Legacy Act (NPSLA) potrebbe assegnare all'agenzia federale fino a 500 milioni di dollari all'anno fino al 2047 dalle entrate pubbliche derivanti da royalties da petrolio e gas. Questo disegno di legge, se adottato, contribuirebbe a mettere i nostri Parchi Nazionali sulla buona strada. Investendo nei nostri Parchi, non solo inizieremo ad affrontare il degrado delle loro infrastrutture, ma li renderemo più resilienti e pronti a continuare a accogliere i visitatori desiderosi di esplorare i luoghi più significativi e speciali della nostra nazione.

Il Congresso ha creato il National Park Service un secolo fa per proteggere gli affascinanti siti naturali, storici e culturali dell'America ed assicurare che gli americani ne possano godere. Non esiste un modo migliore, affinché il Congresso aiuti i nostri Parchi ad affrontare il loro secondo secolo, che sostenere i finanziamenti necessari per la manutenzione, mantenendo gli assett a livello mondiale.

Se amate i Parchi per ciò che contengono e raccontano del nostro Paese e dei suoi valori, o siete più interessati acché forniscano posti di lavoro e vitalità economica al Paese, la NPSLA e la ripartizione di fondi adeguati nei bilanci, è, se non "la migliore idea finanziaria dell'America", almeno un'idea che tutti dovremmo sostenere.

mercoledì 3 maggio 2017


Agricoltura malata





Politica agricola: 260.000 cittadini europei chiedono riforma radicale








Un messaggio forte e chiaro è arrivato oggi alla Commissione europea: la Politica agricola dell’Unione europea deve essere cambiata in modo radicale.






E’ quanto hanno chiesto 260mila cittadini e più di 600 organizzazioni della società civile e imprese che hanno partecipato alla consultazione pubblica, indetta dalla stessa Commissione Europea, sulla Politica agricola, che si è conclusa ieri 2 maggio.
La grande mobilitazione è stata lanciata da Wwf Europa, BirdLife Europa e European Environmental Bureau tramite la campagna Living Land, (www.living-land.org) e ripresa in Italia da nove associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica e biodinamica, che hanno contribuito, tramite il sito www.cambiamoagricoltura.it alla campagna europea con 33mila firme: Associazione Medici per l’ambiente, Aiab, Associazione agricoltura biodinamica, Fai, Federbio, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf.
260mila cittadini, e 600 tra organizzazioni e imprese, che includono ambientalisti, agricoltori biologici, associazioni di promozione sociale, di attenzione alla salute umana e al benessere degli animali, chiedono all’Europa una Politica agricola europea che protegga il clima e l’ambiente, sia equa per agricoltori e consumatori, e garantisca una produzione di cibo sana e sostenibile.
Il messaggio è chiaro – dichiarano Associazione Medici per l’ambiente, Aiab, Associazione agricoltura biodinamica, Fai, Federbio, Legambiente, Lipu, Pronatura e Wwf –. I cittadini europei vogliono che i loro soldi vengano investiti a favore di un’agricoltura sostenibile e delle comunità rurali, che preservi le risorse naturali e le specie. E’ una istanza che la Commissione europea dovrà tradurre in una nuova ambiziosa politica che rimetta in salute la biodiversità, gli ambienti naturali e i paesaggi erosi da pratiche intensive e abuso di pesticidi e fertilizzanti”.

La Politica agricola comune, che impegna il 40% del budget dell’Unione europea, è da sempre un pilastro del sostegno alla produzione agroalimentare europea, ma nonostante i correttivi introdotti nel tempo essa continua a sostenere la produzione secondo modalità insostenibili, per l’ambiente e per le stesse comunità rurali.
Un’agricoltura che è responsabile della perdita di biodiversità in Europa, con la scomparsa di specie come gli uccelli tipici degli ambienti agricoli e le api, del degrado e dell’erosione dei suoli, oltre che del continuo calo di occupati e di imprese attive nel settore. Numerose evidenze mostrano come le nostre aree rurali hanno perso più del 58% dei loro uccelli tipici dell’ambiente agricolo, e inoltre il 24% dei bombi e altri insetti impollinatori, sono minacciati di estinzione, con enormi perdite a livello economico.
La crescente intensità delle lavorazioni agricole e il continuo impiego di sostanze chimiche di sintesi sono poi responsabili di fenomeni sempre più preoccupanti di contaminazione delle acque e di degrado ed erosione dei suoli. In Europa quasi il 10% dei suoli agricoli è affetto da fenomeni di erosione che, se non arrestati, portano alla perdita completa di fertilità, mentre il degrado della sostanza organica dei suoli causato dall’agricoltura intensiva causa emissioni di gas serra per oltre 100 milioni di tonnellate/anno. La Pac inoltre fallisce nel sostenere l’economia e il lavoro nelle aree rurali: tra il 2007 e il 2013, circa il 20% degli impieghi nel settore agricolo sono andati persi, e molti altri piccoli agricoltori sono stati espulsi dal mercato.
La Commissione europea presenterà i risultati della consultazione pubblica in una conferenza a Bruxelles il prossimo 7 luglio e pubblicherà una Comunicazione sul futuro della Pac prima della fine del 2017. La nuova Politica agricola comune dovrà essere implementata in tutti gli Stati membri entro il 2021.

martedì 2 maggio 2017

Un articolo scritto nel 2014 dallo zoologo Carlo Consiglio. Ancora più che valido







Occorre abbattere i cinghiali per limitarne i danni?







Da oltre 30 anni il cinghiale arreca gravi danni all'agricoltura in tutta Europa; le autorità decretano abbattimenti, ciononostante l’ammontare dei danni  continua a crescere. Evidentemente la caccia non è un metodo efficace per prevenire o ridurre i danni. La soluzione può venire solo dalle più recenti ricerche sull'etologia e sull’organizzazione sociale dei cinghiali stessi, da cui sembra risultare che il disturbo arrecato dalla caccia causi un aumento della fertilità e quindi dei danni. Metodi efficaci sembrano essere invece le recinzioni elettriche e la pasturazione in foresta.





Il cinghiale (Sus scrofa) è diffuso in gran parte dell'Europa e dell'Asia (eccetto le parti più settentrionali). Nel 1911 il cinghiale era assente in Italia settentrionale ed aveva una distribuzione in Italia peninsulare assai ridotta (26). Il livello minimo della distribuzione si raggiunse con la seconda guerra mondiale. Negli ultimi 30 anni, l'areale del cinghiale in Italia si è più che quintuplicato. Cause di questo fenomeno sono state lo spopolamento della montagna con conseguente recupero del bosco, nonché le immissioni a scopo venatorio, che sono state fatte spesso con soggetti provenienti da allevamenti, ed anche appartenenti a sottospecie non autoctone e perfino ibridati con maiali domestici (46). È probabile che ciò abbia condotto ad un aumento della fertilità, perché è noto che gli animali domestici sono in genere più prolifici dei loro antenati selvatici, ed è quindi verosimile che anche l’ibrido tra un animale domestico ed uno selvatico, avendo caratteri intermedi, sia più prolifico dell’antenato selvatico.


IMPORTANZA DEI DANNI

I danni causati dal cinghiale sono molto rilevanti; basti considerare che, secondo Toso & Pedrotti, "sino all'80% dei fondi a disposizione delle Amministrazioni provinciali per far fronte all'impatto causato dalla fauna selvatica sulle attività antropiche di interesse economico vengono (…) annualmente destinati al risarcimento dei danni causati dal cinghiale" (46). In Francia i danni arrecati dai cinghiali nel 1982 ammontavano a 24 milioni di franchi; i danni ai cereali erano soprattutto alla semina ed allo stadio lattiginoso (48). In tutta Europa il cinghiale arreca danni all'agricoltura per oltre 80 milioni di euro all'anno (32).


STRUTTURA DI POPOLAZIONE
I cinghiali vivono normalmente in gruppi sociali (compagnie) formati da 1 a 23 individui (Dardaillon - 7) o da 4 a 34 individui (Vassant ed altri - 49). Questi gruppi sono formati da femmine dell'anno e adulte oppure solo femmine dell'anno, ed eventualmente i loro piccoli. Le femmine lasciano la compagnia al momento del parto, e la raggiungono di nuovo 2-3 settimane più tardi. La posizione dominante è occupata da una scrofa, spesso la più anziana, in ogni caso la più vigorosa (25).
Secondo uno studio svolto in Haute-Marne (Francia) da Vassant ed altri, le compagnie sono formate unicamente da femmine e dai giovani dell’anno; i giovani maschi vi restano fino alla ristrutturazione (fase di rimaneggiamento dopo le nascite). Le compagnie mostrano una grande stabilità: mai una scrofa o una giovane femmina si è integrata nelle compagnie figlie al momento della ristrutturazione. Se la scrofa conduttrice scompare (uccisa nella caccia), un’altra femmina prende la guida della compagnia. Se tutte le femmine scompaiono, i giovani restano insieme senza integrarsi in altre compagnie né accogliere cinghiali estranei. Nessun cinghiale senza parentela può integrarsi in una compagnia, nemmeno al momento della ristrutturazione, come confermato da analisi genetiche (49).
Anche Kaminski ed altri, in uno studio durato 12 anni su una popolazione della Francia orientale, hanno dimostrato che i gruppi sociali sono formati da femmine sorelle o cugine, e non contengono mai femmine non apparentate (18).
In uno studio fatto in Giappone sulla sottospecie Sus scrofa leucomistax è stato trovato invece che ogni compagnia include una sola femmina adulta (28).
I maschi di 8-9 mesi formano piccoli gruppi poco stabili, di 3-4 individui; poi diventano solitari (14) (25).


SINCRONIZZAZIONE DELL'ESTRO E DEL PARTO
Le femmine di quasi tutti gli ungulati europei o sono monoestre o hanno un breve periodo di estri ripetuti. Unica eccezione è il cinghiale nelle cui femmine il periodo fertile può talora estendersi a tutto l'anno (1).
Delcroix ed altri hanno tenuto due gruppi di cinghiali femmine in recinti in condizioni seminaturali, in presenza o in assenza di maschi. Nel gruppo con presenza di un maschio tutte le femmine adulte partorivano entro 4-6 giorni. Nel gruppo senza maschi tutte le femmine mostravano un aumento del progesterone nella stessa settimana (8). Il fatto che i piccoli di uno stesso gruppo siano in genere allo stesso stadio di sviluppo conferma che si ha sincronizzazione dell'estro (7), (11), (14). Mauget in una popolazione che vive in ambiente naturale in Francia occidentale ha constatato una sincronizzazione delle nascite delle femmine dello stesso gruppo sociale entro 10-15 giorni (23). La sincronizzazione dell’estro tra le femmine dello stesso gruppo sociale è dovuta al rilascio di feromoni (30), (42). Si ha quindi tipicamente una riproduzione stagionale regolata dall’ormone melatonina secreta dall’epifisi o ghiandola pineale, che è a sua volta influenzata dal fotoperiodo (42). La sincronizzazione del parto tra le femmine dello stesso gruppo sociale conferma che vi è un meccanismo che causa la sincronizzazione dell'estro (17), (29). Delgado-Acevedo ed altri nei cinghiali inselvatichiti del Texas meridionale hanno trovato sincronizzazione dell’estro, che non influiva sull'accoppiamento promiscuo, con paternità multipla nel 33% delle cucciolate in 7 di 9 siti (9). Maillard & Fournier hanno affermato che le nascite in Francia meridionale sono precoci (febbraio-marzo) e “sincronizzate” nelle annate in cui le ghiande sono abbondanti (19); in realtà essi si riferivano alla distribuzione delle nascite dell’intera popolazione nell’anno, e non alla vera sincronizzazione che è un fenomeno che avviene all'interno del gruppo sociale.

Carlo Consiglio

INFLUENZA DELLA CACCIA SULLA SINCRONIZZAZIONE DELL’ESTRO

In Canton Ticino (Svizzera) Moretti ha riscontrato una perdita della sincronizzazione dell'estro in una popolazione introdotta negli anni 1980 e cacciata, con una curva delle nascite bimodale con due picchi, uno in marzo ed uno tra giugno e luglio, con le femmine che si riproducono già nel primo anno di vita in maggior misura che in una popolazione naturale; questo fatto, insieme all'abbondanza di cibo, permette di prevedere un aumento della popolazione negli anni successivi (27). Anche Apollonio ed altri affermano che negli ungulati poliestri (comprendenti anche il cinghiale), anche se tutte le femmine alla fine si riproducono, il continuo disturbo provoca il prolungamento del calore, con perdita della sincronizzazione dei parti. Essi osservano quindi che la caccia nel periodo degli accoppiamenti dovrebbe essere evitata, perché causa la dispersione dei gruppi (1). Kaminski ed altri hanno osservato che le femmine dell'anno che restavano nel gruppo sociale in cui erano nate si riproducevano assai meno spesso di quelle che lo lasciavano prima di riprodursi, con differenza statisticamente significativa (18). Secondo Meynhardt la scomparsa della scrofa conduttrice causa la disorganizzazione del gruppo, finché si formerà una nuova compagnia intorno a una scrofa che abbia saputo imporre la sua autorità (25). Ma Rosell ed altri in Spagna sostengono che i gruppi sociali continuano ad usare l'area anche dopo l'uccisione o la cattura delle femmine adulte (33). Anche se non fosse vero che la caccia disperde i gruppi sociali, è probabile che essa causi indirettamente un aumento della riproduzione e quindi dei danni, attraverso la perdita della sincronizzazione dell’estro.


INFLUENZA DELLA CACCIA SULLA RIPRODUZIONE IN GENERE
Herrero ed altri hanno confrontato due popolazioni iberiche di cinghiali, una nei Pirenei poco cacciata in foresta con molti rifugi, ed una nella Valle dell'Ebro intensamente cacciata in terreno agricolo con pochi rifugi, ambedue senza foraggiamento aggiuntivo, ed hanno trovato che nella popolazione intensamente cacciata quasi tutte le femmine restavano gravide già nel primo anno di età, mentre nella popolazione poco cacciata la maggior parte delle femmine non rimaneva gravida che nel secondo anno di età (15). Servanty ed altri in una popolazione di cinghiali pesantemente cacciata in Haute-Marne nella Francia nordorientale hanno trovato un'alta percentuale di giovani riproducentisi già nel primo anno d'età, ed un abbassamento della soglia di peso oltre la quale la riproduzione avviene (39). Gamelon ed altri in Francia nord-orientale hanno studiato una popolazione di cinghiali soggetta ad una pressione venatoria crescente per 22 anni consecutivi, trovando che le date di nascita si sono anticipate di 12 giorni durante l'intero periodo (12). Sembra quindi che la caccia provochi l’aumento della prolificità e quindi della grandezza di popolazione e dei danni. In Scania (Svezia) Thurfjell ed altri hanno osservato aumento o diminuzione dei movimenti dei cinghiali nel giorno della battuta di caccia o nella notte successiva, cosa che in teoria potrebbe avere influenza sulla riproduzione (43).
Come controprova, citiamo Cahill & Llimona, che in un parco urbano presso Barcellona, dove l'abbattimento dei cinghiali è permesso solo sul 10% della superficie, hanno osservato in un periodo di 8 anni un andamento della grandezza di popolazione abbastanza costante, con due picchi attribuiti all'abbondanza di ghiande (4).
Invece Ditchkoff ed altri, confrontando tra loro due aree in America settentrionale, una in cui i cinghiali erano sottoposti ad abbattimenti e l'altra di controllo, sebbene in quest'ultima la densità del cinghiale fosse più del 65% maggiore, non poterono rilevare alcuna differenza tra le due aree per grandezza delle cucciolate, massa ovarica, e massa e numero dei corpi lutei (10). Mauget in Francia occidentale ha osservato due stagioni di parti in alcune annate, attribuendoli all'abbondanza del cibo, con femmine che partorivano due volte nello stesso anno (23). Anche secondo Graves la presenza di una seconda stagione riproduttiva in autunno in cinghiali rinselvatichiti è legata alla disponibilità di cibo (14). Secondo Maillard & Fournier l'alta fertilità in certe annate è dovuta all'abbondanza di ghiande (19). È probabile che ambedue le cause indicate da differenti Autori (la caccia e l'abbondanza del cibo) siano efficaci a provocare un aumento della fertilità. Toïgo ed altri in uno studio durato 22 anni asseriscono che nel cinghiale non vi è compensazione tra mortalità naturale e mortalità venatoria; a differenza degli altri ungulati che massimizzano la sopravvivenza dell'adulto, il cinghiale investe di più nella riproduzione, per cui anche i mezzi per controllare le sue popolazioni devono essere differenti (45). Infine secondo Ježek l’aumentato successo riproduttivo dei cinghiali è dovuto al miglioramento climatico (17).


INFLUENZA DELLA CACCIA SULLA GRANDEZZA DELLA POPOLAZIONE

Boitani ed altri affermano che il cinghiale è una specie molto adattabile con strategia “r”, il che implica che l’espansione delle popolazioni di cinghiali in Europa non può essere controllata con i modi di caccia tradizionali (3). Toïgo ed altri in Francia hanno trovato che una popolazione pesantemente cacciata continuava ad accrescersi nonostante che la probabilità per un cinghiale di essere ucciso fosse superiore al 40% all’anno (70% per i maschi adulti) non compensata da alcuna riduzione nella mortalità naturale (44). Servanty ed altri concludono che quando una popolazione è pesantemente cacciata, aumentare la mortalità in una sola classe d’età (ad esempio solo adulti o solo giovani) può non permettere di limitare l’accrescimento della popolazione (40). Secondo Csányi la pressione venatoria è insufficiente per impedire l'accrescimento della popolazione di cinghiali; questi sono favoriti dall'aumento delle superfici forestali e dall'estensione dell'agricoltura che fornisce habitat adatto e cibo; inoltre la distribuzione sparsa dei distretti venatori fa sì che molti animali possano sfuggire verso zone dove non vengono cacciati (6).


INFLUENZA DELLA CACCIA SUI DANNI

In provincia di Siena vi sono due diversi gruppi di popolazioni di cinghiali, ambedue sottoposti alla caccia. Nella parte occidentale della provincia (Val di Farma) il cinghiale è autoctono, è molto numeroso ma ha una struttura per classi di età ben equilibrata e non causa danni gravi all'agricoltura; il cibo viene somministrato solo in estate ed in foresta. Nella parte orientale (Chianti e Val di Chiana) il cinghiale è stato introdotto a scopo venatorio, viene foraggiato liberamente, è meno numeroso ma ha una struttura sbilanciata per classi di età, con prevalenza di individui giovani, e causa gravi danni all'agricoltura (24). Sembra quindi che i danni arrecati dal cinghiale all'agricoltura dipendano dalla caccia e dalla gestione.
Secondo Boitani & Morini, in assenza di un adeguato programma di monitoraggio, eventuali interventi di prelievo potrebbero risultare inefficaci per ridurre i danni; addirittura la popolazione, sottoposta ad interventi inadeguati, potrebbe anche produrre danni maggiori (2). Secondo Marsan ed altri "un esasperato prelievo non selettivo sul cinghiale produce subito la riduzione degli effettivi, ma questa riduzione viene immediatamente compensata da un aumento del tasso di incremento utile annuo della specie; una popolazione costituita prevalentemente da animali giovani tende a produrre maggiori danni di una naturale, indipendentemente dalla sua densità" (20). Marsan ed altri dimostrano che la densità del cinghiale non è influenzata da una pesante pressione venatoria, e pertanto un aumento della pressione stessa non può ridurre i danni alle coltivazioni (21). Secondo il rapporto dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, "la forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, crea spesso una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da elevate percentuali di individui giovani, responsabili di un sensibile aumento dei danni alle colture" (16). Secondo Thurnfjell ed altri, il tipo di caccia influisce sulla strategia di difesa adottata dal cinghiale (fuggire o nascondersi) e quando questo adotta la seconda sceglie un cibo che non possa essere monopolizzato, con conseguenze sui danni; inoltre, in caso di cacce al seguito, alcuni cinghiali si allontanano fino a 20 km, ed in seguito alla fuga essi utilizzano maggiormente la foresta e le colture e meno i luoghi aperti; ciò può essere dovuto a competizione con gruppi di cinghiali residenti; quindi le femmine che fuggono da cacce al seguito possono aumentare il loro uso di campi coltivati, arrecando danni (43). Infine Scillitani ed altri osservano che la caccia causa un aumento della mobilità dei cinghiali (per sfuggire alla caccia stessa) e quindi un aumento dei danni; consigliano pertanto di ridurre la pressione venatoria e soprattutto evitare battute di caccia nella stessa area a brevi intervalli di tempo (38).
Un altro tipo di danno che potrebbe essere provocato dalla caccia, specialmente quella con molti cani e battitori, è quello di una maggiore diffusione della febbre suina classica (CSF) (41).
Invece secondo le ricerche svolte in Svizzera da Geisser & Reyer gli abbattimenti sarebbero l’unico metodo efficace per ridurre i danni dei cinghiali (13).


MISURE ALTERNATIVE ALL'ABBATTIMENTO

Reimoser & Putman osservano che basse densità di ungulati non sono sempre associate con danni ridotti, né alte densità con danni elevati. Essi ribadiscono con forza che il solo controllo del numero degli ungulati può non essere efficace per ottenere una riduzione del danno e che occorre esplorare approcci alternativi quali recinzioni, foraggiamenti, metodi culturali, ed altri (32).
In Francia i repellenti chimici (odorosi e gustativi) hanno dato scarsi risultati; quelli acustici sono inefficaci. Le recinzioni elettriche invece hanno dato buoni risultati: le superfici coltivate a mais distrutte sono state 114 ettari con protezione e 246 ettari senza protezione (Vassant & Boisaubert) (48).
Secondo Santilli, le recinzioni elettriche permettono di conseguire risultati "davvero eccezionali" nella prevenzione dei danni, raggiungendo perfino il loro azzeramento; a tale scopo è opportuno che le recinzioni stesse siano disposte in maniera lineare lungo il confine tra bosco e coltivi e non circondando singolarmente ogni singola parcella coltivata; inoltre l'apposizione delle recinzioni dovrebbe essere accompagnata da un foraggiamento dissuasivo, altrimenti la recinzione non può resistere a lungo all'urto continuo e prolungato dei cinghiali in cerca di cibo, perché la corrente elettrica può dissuadere ma non sfamare (34)! In Slovenia le recinzioni elettriche per proteggere il mais dai cinghiali hanno avuto un’efficienza del 100% (51). Nel Texas le recinzioni elettriche riducevano i danni arrecati dai cinghiali al sorgo del 64% (31). Secondo Schley ed altri le recinzioni dovrebbero essere erette solo dopo la semina e quando i cereali sono allo stadio lattiginoso (37).
Vassant & Breton in Francia nord-orientale hanno ottenuto una forte diminuzione dei danni al frumento allo stato lattiginoso distribuendo mais in foresta (50). A Puechabon in Francia meridionale la distribuzione di mais a scopo dissuasivo ha permesso di ridurre i danni arrecati dai cinghiali alle vigne, permettendo di risparmiare più del 60% degli indennizzi corrisposti agli agricoltori (5). Tuttavia secondo Schley ed altri il foraggiamento supplementare dei cinghiali può essere responsabile dell'aumento della popolazione del cinghiale e quindi indirettamente dell'aumento dei danni; esso può agire in modo dissuasivo e ridurre i danni solo a quattro condizioni: 1) densità dei cinghiali inferiore a 15 individui per 1000 ettari; 2) cibo fornito solo nel periodo critico; 3) cibo sparso su una vasta area; 4) cibo fornito in foresta ad almeno 1 km dal margine della foresta (37).
Inoltre l'orzo e gli altri cereali tricomatosi, che vengono evitati dai cinghiali, dovrebbero essere piantati vicino alle foreste, mentre il mais ed i cereali non tricomatosi dovrebbero essere piantati lontano dalle foreste (37).
Anche secondo Vassant occorre impiantare le colture vulnerabili (grano e mais) a più di un chilometro dai boschi, mentre i cereali “barbuti” possono essere piantati al margine delle foreste perché assai poco consumati dai cinghiali. Il foraggiamento dissuasivo è efficace se il mais viene sparso in strisce larghe 10-20 metri, ed in quantità di 40-50 kg per chilometro, e permette di ridurre i danni ai cereali allo stato lattiginoso del 70%. Le colture dissuasive di mais in foresta sono invece troppo costose e difficili e di basso rendimento (47).
Invece secondo Geisser & Reyer recinzioni elettriche e foraggiamento in foresta sarebbero inefficaci (13).
Il trattamento del mais con repellenti è molto efficace nel ridurre drasticamente il consumo sec. Santilli ed altri (35), mentre non ha un effetto significativo nella riduzione dei danni secondo Schlageter ed altri (36).
Un altro metodo alternativo è quello della telecontraccezione, iniettando a distanza negli animali il vaccino GonaCon con un apposito fucile. Questo metodo è stato recentemente perfezionato ed ora è possibile con una sola fiala avere un effetto durevole per vari anni (22).


CONCLUSIONI

La caccia non sembra un rimedio efficace per contrastare i danni dei cinghiali all'agricoltura, anzi, attraverso la perdita della sincronizzazione dell’estro e l’aumento della fecondità, potrebbe essere considerata come una causa dei danni stessi. Metodi alternativi, quali recinzioni elettriche e foraggiamento dissuasivo, sembrano al contrario molto efficaci.


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