martedì 11 agosto 2015

Soprintendenze e silenzio-assenso


Appelli continui contro la previsione della Legge "Madia" sulla Pubblica Amministrazione


Ma veramente dobbiamo stracciarci le vesti per la norma introdotta dalle Legge "Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche", approvata definitivamente dal Senato il 4 agosto scorso ed ora alla firma per la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, che prevede la formula del silenzio-assenso per i pareri e le autorizzazioni di competenza delle Amministrazioni competenti in materia culturale e del paesaggio?
No, non possiamo stracciarci le vesti ma dobbiamo ragionarci.
La formula del silenzio-assenso è prevista addirittura per gli Enti Parco Nazionali che non rilascino o neghino il proprio nulla-osta entro 60 giorni dalla richiesta. Ed è pure vero che il nulla-osta, in questo caso (art. 13 Legge n. 394/1991 "Legge quadro sulle aree naturali protette"), è relativo alla verifica della conformità di un piano ovvero di un progetto al Piano per il Parco, ma sempre silenzio-assenso è. E, quindi, se è incostituzionale, se la previsione della Legge sulla riorganizzazione della P.A. lede l'art. 9 della Costituzione, lo è anche l'art. 13 della legge quadro sulle aree naturali protette. Su questo punto sia la giurisprudenza amministrativa sia quella costituzionale hanno fornito orientamenti diversi nel corso del tempo. Nulla vieta, dal punto di vista dell'osservanza dei principi costituzionali, l'adozione da parte del legislatore della formula del silenzio-assenso. Il problema è che tale eventualità dovrebbe essere circoscritta ad alcuni progetti ed in caso di immotivata inerzia dell'Amministrazione competente. Se la norma viene confezionata adeguatamente, quindi, il silenzio-assenso ci può stare.
Ma la questione non è tanto questa, quanto quella della funzione delle Soprintendenze competenti in materia paesaggistica. Nel corso del tempo si è voluto rafforzare il loro ruolo, anche comprimendo quello delle Regioni, queste ultime competenti in materia di pianificazione paesaggistica. Così, questi uffici decentrati dello Stato determinano sempre più la vita dei territori e delle persone, molte volte esercitando le funzioni attribuite con estrema discrezionalità e, tranne rari casi, in assoluta solitudine nel panorama delle Pubbliche Amministrazioni che concorrono alla tutela ambientale e paesaggistica. Se vi sono eccezioni, è perché l'intelligenza di dirigenti e funzionari supplisce alla schizofrenia normativa.
Ecco quindi il vero problema. Non si possono avere uffici pubblici potenti e strutturati che esprimono pareri ed autorizzazioni ben oltre il termine ragionevole di durata di un procedimento amministrativo (che, ricordiamo, non può superare complessivamente i 90 giorni) e, quando li esprimono sono poco motivati ed afflitti da assoluta discrezionalità. Ricondurre le competenze importanti e costituzionalmente rilevanti di questi Uffici a certezza e correttezza è assolutamente necessario, così come riorganizzare la filiera autorizzativa in materia ambientale in modo da accorciare i tempi, dare oggettività alle motivazioni ed assicurare unitarietà interpretativa. Questi obiettivi si raggiungono, ad esempio, concentrando le autorizzazioni paesaggistiche, ad esempio, presso gli Enti Parco (nazionali e regionali) per i territori da essi governati, rappresentando gli Uffici più competenti per la tutela integrata del paesaggio e della biodiversità nel panorama istituzionale del nostro Paese.
Fabio Modesti

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