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venerdì 19 gennaio 2018

da The Economist - 12 dicembre 2017


Perché le foreste si diffondono

nel mondo ricco 



L'America del Sud e l'Africa sub-sahariana stanno vivendo la deforestazione, ma in Europa è una storia molto diversa.
In Grecia ed in Italia la crescita della superficie forestale, dal 1990 ad oggi, è passata dal 26% al 32%.




Le foreste, in paesi come il Brasile e il Congo, godono di molta attenzione da parte degli ambientalisti ed è facile capire perché. L'America del Sud e l'Africa sub-sahariana stanno sperimentando la deforestazione su vasta scala: ogni anno si perdono quasi 5 milioni di ettari.
L'immagine può contenere: cielo, albero, pianta, nuvola, spazio all'aperto, natura e acqua
Paesaggio del nord del Portogallo,
ai confini con la Spagna. Sullo sfondo, una piantagione
di eucalipti.
Ma le foreste stanno cambiando anche nei ricchi Paesi occidentali. Stanno diventando più grandi, sia nel senso che occupano più terra  sia nel senso che gli alberi sono più grandi. Cosa sta succedendo?
Le foreste si stanno diffondendo in quasi tutti i Paesi occidentali, con la crescita più rapida in luoghi che storicamente avevano scarsa copertura forestale. Nel 1990 il 28% della Spagna era boscoso; ora la percentuale è del 37%. In Grecia ed in Italia la crescita è passata dal 26% al 32% nello stesso periodo. Le foreste stanno gradualmente prendendo più terra in America ed in Australia. Forse la cosa più sorprendente è la tendenza in Irlanda. Circa l'1% di quel paese era coperto da foreste quando divenne indipendente nel 1922. Ora le foreste coprono l'11% del territorio e il governo vuole spingere la percentuale al 18% entro il 2040.
Due cause su tutte sono alla base di questa crescita. Il primo è l'abbandono dei terreni agricoli, specialmente in luoghi ad altidudine elevata e riarsi, dove nulla cresce adeguatamente bene. Laddove gli uomini rinunciano a ricavare reddito da olive o da pecore, lì gli alberi semplicemente si insediano. 

L'"inverdimento" dell'Occidente non delizia tutti. Gli agricoltori lamentano che le piantagioni di alberi generosamente sovvenzionate sono state dismesse (ricevono anche sussidi per l'agricoltura, ma quelli per piantare alberi sono particolarmente generosi).

Il secondo è composto da politica e sussidio economico. I governi hanno protetto e promosso le foreste per diversi motivi che vanno dalla necessità legname per la costruzioni di navi da guerra in legno al desiderio di promuovere la costruzione di case suburbane. Sempre più spesso accolgono le foreste perché consentono la cattura e lo stocccaggio di carbonio. Le giustificazioni cambiano; il desiderio di più alberi rimane costante.
L'"inverdimento" dell'Occidente non delizia tutti. Gli agricoltori lamentano che le piantagioni di alberi generosamente sovvenzionate sono state dismesse (ricevono anche sussidi per l'agricoltura, ma quelli per la piantagione di alberi sono particolarmente generosi). Zone estese di Spagna e Portogallo sono afflitte da terribili incendi boschivi. Questi bruciano particolarmente violenti nelle aree con piantagioni di eucalipto, una specie di importazione australiana piantata per la sua polpa utile alle cartiere, ma che poi si è diffusa da sola. Altri semplicemente non amano l'aspetto delle foreste di conifere piantate in file ordinate. Dovranno abituarsi agli alberi, comunque. La crescita delle foreste occidentali sembra quasi altrettanto inesorabile della deforestazione altrove.

martedì 19 gennaio 2016

Da "Internazionale" (The Economist) - 12 gennaio 2016





Se anche i santuari della finanza si occupano di avvoltoi...





Dopo l'articolo pubblicato il 31 agosto 2015, torniamo a parlare di avvoltoi. L'autorevole settimanale economico-finanziario inglese "The Economist", si pre-occupa del loro declino vertiginoso in Africa e sposa la causa di BirdLife International






Gli avvoltoi stanno sparendo dall’Africa. Delle undici specie di questo uccello, sei sono a rischio di estinzione e quattro sono seriamente in pericolo, secondo un recente rapporto di Birdlife international, una ong che si occupa di difesa dell’ambiente. Ma anche nel resto del mondo gli avvoltoi sono a rischio.

Catherine Bearder, ultima europarlamentare del partito Liberaldemocratico britannico, si è rivolta all’Unione europea per salvare gli avvoltoi e le aquile di tutto il mondo. Anche le Nazioni Unite hanno discusso di quale azione intraprendere. Ma perché gli avvoltoi stanno scomparendo e perché dovremmo preoccuparcene?

Dagli anni novanta, la popolazione delle diverse specie d’avvoltoi dell’Asia meridionale è crollata di oltre il 99 per cento. Nel 2003 gli scienziati hanno identificato nel diclofenac, un farmaco antinfiammatorio usato per curare il bestiame, la principale causa di questo calo. Gli avvoltoi che si cibavano degli animali recentemente curati con questo farmaco morivano per gravi insufficienze polmonari poche settimane dopo averlo ingerito.
Il diclofenac continua
ad essere venduto anche in Italia. 
E l'U.E. sta a guardare
Questo ha creato due gravi problemi. Il primo è legato al ruolo degli avvoltoi nell’ecosistema. Con il calo del loro numero, una serie di altri animali ammalati, in particolare cani rabbiosi, hanno cominciato a nutrirsi delle carcasse al loro posto. Ma è sorto anche un altro problema. Le comunità parsi dell’India, che non cremano né seppelliscono i loro morti, bensì li espongono all’aria aperta su delle torri, dokhma, perché li mangino gli avvoltoi, si sono rese conto che questa tradizione è in pericolo. Dopo che, nel 2006, i governi di India, Pakistan e Nepal hanno vietato la produzione del farmaco, il numero d’avvoltoi nella regione si è stabilizzato, anche se gli animali rimangono in pericolo.

Ma il diclofenac continua a essere ampiamente disponibile in Africa e alcune scappatoie giuridiche fanno sì che sia disponibile per la vendita commerciale in cinque paesi europei, tra i quali la Spagna e l’Italia, dove vive il 90 per cento degli avvoltoi del continente.

In Africa i cacciatori di frodo usano deliberatamente il farmaco per colpire gli avvoltoi. Le autorità spesso osservano la presenza degli uccelli che volteggiano in cielo per capire se delle carcasse di grossi animali uccisi illegalmente si trovano a breve distanza.


La decisione dell’Iran
Il banner di BirdLife Internationale per la campagna a tutela degli avvoltoi in Africa

Per eliminare i loro “informatori” ed evitare di essere incriminati, i bracconieri somministrano il farmaco direttamente alle carcasse di animali. Nel 2013 in Namibia è stata ritrovata la carcassa di un elefante circondata da quasi seicento avvoltoi morti. Un altro pericolo è rappresentato dalla domanda di parti d’avvoltoio per la medicina tradizionale in alcune parti dell’Africa. E anche la rapida urbanizzazione ha contribuito a distruggere l’habitat naturale di questi uccelli.

Nell’ottobre del 2015, alcuni rappresentanti dell’Onu si sono riuniti a Trondheim, in Norvegia, dove hanno deciso d’inserire dodici specie di avvoltoi nella lista rossa delle specie protette dell’Unione mondiale per la conservazione della natura. L’Iran, uno degli ultimi importanti rifugi dell’avvoltoio egiziano, ha recentemente annunciato un divieto assoluto dell’uso di diclofenac.

A dicembre, l’Agenzia europea per i medicinali ha confermato che i residui di diclofenac ritrovati nelle carcasse animali mettono in pericolo gli avvoltoi dell’Unione europea. E mentre l’Europa attende una decisione della Commissione sul miglior modo con cui rispondere a questa minaccia, l’Africa farebbe bene a prendere nota.

(Traduzione di Federico Ferrone)


sabato 29 agosto 2015

Da "The Economist" 29 agosto 2015


Depositi rifiuti nucleari: in attesa di quello italiano, negli Stati Uniti...


In Italia siamo ancora in attesa della proposta della Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) ad ospitare il deposito nazionale per rifiuti radioattivi. Negli USA, il prossimo Presidente deciderà cosa fare delle scorie atomiche.



DOPO il calore atroce di un'estate in Virginia, sembra quasi valga la pena di saltare nella piscina del combustibile esaurito presso la stazione nucleare di Surry, sul fiume James, nel sud-est dello Stato. Ma sarebbe poco saggio.
Circa 25 piedi (poco più di 7,5 metri) sotto la superficie dell'acqua cristallina, brillano le punte degli elementi di combustibile radioattivo. Ogni 18 mesi un nuovo carico di combustibile esaurito - elementi di uranio racchiusi in zirconio - viene rimosso dai due reattori della centrale nucleare e immersi nella piscina, che assorbe il calore in eccesso e una parte delle radiazione più pericolose (e di breve vita). Rimangono lì per cinque anni, prima di essere spostati in contenitori di cemento che sembrano enormi lavatrici .
Depositi di rifiuti nucleari negli USA (da The Economist)
Ma che cosa accade poi? Fin dall'inizio del mandato di Barack Obama, in carica dal 2009, l'America non ha avuto alcun piano a lungo termine per i rifiuti nucleari. Come candidato, Obama ha promesso di opporsi al piano a lungo termine per costruire un deposito a Yucca Mountain, circa 80 miglia (129 chilometri) a nord-ovest di Las Vegas, per ottenere il sostegno di Harry Reid, il leader dei democratici del Nevada in Senato. Il risultato è che circa 70.000 tonnellate di rifiuti nucleari aspettano un deposito come quello di Surry, per essere stoccati in silos o in piscine. Il Senatore Reid, come il Presidente Obama, è in carica fino al 2017. I loro successori si troveranno ad affrontare una questione molto complicata: come riaprire il dibattito su cosa fare del combustibile esaurito.
Per saperne di più: http://www.economist.com/news/united-states/21662536-next-president-will-have-decide-what-do-about-radioactive-waste-faff-and-fallout?fsrc=scn/tw/te/pe/ed/faffandfallout