mercoledì 17 gennaio 2018




da "Le Scienze - edizione italiana di Scientific American" del 17 gennaio 2018


I veri responsabili della Peste Nera



Le pandemie non furono colpa dei ratti ma di vettori infettivi diversi: la pulce dell'uomo ed il pidocchio del capo.




Le ondate di peste che colpirono l'Europa tra il XIV e i XIX secolo, tra cui la famigerata Peste Nera della metà del 1300, probabilmente furono causate da un contagio diretto da persona a persona, con pulci e pidocchi come vettori. Lo afferma uno studio basato su dati di diffusione e mortalità raccolti in varie fonti storiche, che scagiona i ratti dal ruolo di untori.
Nel film di Werner Herzog Nosferatu (1979) i moli del porto di Brema, in Germania, vengono invasi dai ratti arrivati con le navi. Poco dopo, la peste si diffonde nella città.
La scena è ispirata dal fatto che negli studi di epidemiologia - e nell’immaginario collettivo - questi roditori sono considerati il vettore della peste, sia nella cosiddetta "prima pandemia", più famosa col nome di Peste di Giustiniano, che colpì l'Impero Romano d'Oriente tra il 541 e il 542, sia nella “seconda pandemia”, che colpì in diverse ondate l’Europa tra il XIV e il XIX secolo, oltre al Medio Oriente e al Nord Africa; una di queste ondate, nota con il lugubre nome di Peste Nera, tra il 1347 e il 1352 uccise un terzo della popolazione europea.
I veri responsabili della Peste Nera
Microfotografia di Pulex irritans, la pulce dell'uomo
Ma fu veramente colpa dei ratti? Uno studio pubblicato su "Proceedings of the National Academy of Sciences" da Nils Stenseth dell’Università di Oslo, in Norvegia, e colleghi, tra i quali Barbara Bramanti dell’Università di Ferrara, chiama in causa vettori infettivi diversi: la pulce dell’uomo (Pulex irritans) e il pidocchio del capo (Pediculus humanus).
La peste è una malattia provocata dall’infezione del batterio Yersinia pestis. Le forme più comuni sono la peste bubbonica e quella polmonare. La prima insorge quando i batteri penetrano attraverso la pelle, di solito con il morso di una pulce infetta, e arrivano nei linfonodi, causando i caratteristici gonfiori o “bubboni”.
La pulce in questo caso funge solo da vettore di un'infezione diffusa tra roditori selvatici o commensali dell'uomo, come il ratto (Rattus rattus), ma l'infezione può anche essere trasmessa da persona a persona tramite i parassiti che vivono sulla superficie della pelle, come la pulce e il pidocchio.
Si parla invece di peste polmonare primaria quando i batteri sono trasportati da particelle di aerosol che vengono inalate, e di peste polmonare secondaria, che insorge come complicanza della peste bubbonica. I soggetti infettati dalla forma polmonare possono trasmettere direttamente l’infezione per via aerea, anche se le epidemie di peste polmonare in genere fanno meno vittime e si diffondono poco, poiché le persone colpite e non curate muoiono rapidamente.
Per capire in che modo si siano diffuse le epidemie storiche, Stenseth e colleghi hanno usato i dati di mortalità disponibili di nove epidemie di peste polmonare; l'obiettivo dei ricercatori era lo sviluppo di modelli delle vie di trasmissione della malattia, quella veicolata dai roditori e quella da pulci e pidocchi.
I modelli ottenuti hanno mostrato che in sette dei nove eventi studiati, gli schemi di mortalità sono maggiormente compatibili con il modello di trasmissione tramite pulci e pidocchi.
Questa conclusione spiegherebbe perché la seconda pandemia abbia avuto una diffusione ed una mortalità molto più elevata delle epidemie della terza pandemia, che si sviluppò a partire dal 1855 dalla provincia dello Yunnan, in Cina.
Ed è un risultato anche più coerente con altri dati storici ed epidemiologici. Nei secoli interessati dalla seconda pandemia, infatti, non risulta che i ratti fossero molto diffusi in nord Europa, né che ci sia stata una diffusa moria di questi roditori contemporanea o immediatamente precedente alle epidemie. Molte infezioni, infine, avvennero in ambienti domestici, il che fa pensare ad una via di trasmissione più diretta.

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