mercoledì 4 gennaio 2017

da "La Zampa.it - La Stampa.it" - 04 gennaio 2017 - di Antonella Mariotti




Le gru tornano sulle rive del Po.

“Migrano qui dove c’è più cibo”






Planano “gridando” vicino a Casale, ripartiranno a fine gennaio. Un fenomeno che si verifica anche in Puglia nel Tavoliere e nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia.








Iniziamo ad aspettarle che sono le quattro del pomeriggio. C’è ancora la luce e fa già parecchio freddo. Ci avviciniamo alle sponde del Po, nei territori del Casalese dove il Parco è quello che difende la natura tra Alessandria e Vercelli. «Meglio non dire il punto preciso dove siamo. Abbiamo deciso di farle stare tranquille». Nicola Scatassi è un guardaparco, ci guida verso una migrazione spettacolare di gru. Animali maestosi, uccelli alti un metro e trenta, più o meno, e con un’apertura alare di due metri. Sono grigi con la punta delle ali nera. Qui sui ghiaioni, le «spiagge» del fiume, se ne posano da tre anni almeno mille, a volte anche 1500 per almeno due mesi da dicembre a gennaio. E gridano. Le sentiamo arrivare verso le cinque. Sono le prime cinquanta. Il freddo aumenta con l’oscurità e si fa fatica a vederle mentre si preparano a passare la notte sui ghiaioni: le loro zone di roost, dove si aggregano per dormire. Siamo a qualche centinaio di metri. Alle cinque e venti: «Eccole, guarda là in fondo dove c’è il bosco di pioppi e salici, escono da lì». Con il binocolo si individua una massa di ali distese per planare, non si riesce a fare una stima tante quante sono. Ma il vociare è incredibile, sono grida che si sentono ancora di più nel silenzio del fiume d’inverno.
Volo di gru nel marzo 2015 nel Parco Nazionale dell'Alta Murgia - Ph. Giuseppe Carlucci
«Gli animali si sanno adattare a situazioni e condizioni diverse. Non sappiamo ancora dire perché sono così tante e hanno scelto il Piemonte per svernare. È un fenomeno piuttosto recente». Toni Mingozzi è zoologo, docente a Torino a Veterinaria, ricercatore ed esperto di conservazione faunistica. «Servirebbero fondi per avviare una ricerca - spiega Mingozzi -, per adesso possiamo solo fare ipotesi. Il cambiamento climatico ha aumentato il periodo di riproduzione, e quindi il numero di animali, e anche le zone dove trovare cibo. La cosa sorprendente è che nel Nord Italia la loro presenza è stata sempre sporadica, negli ultimi anni invece è andata aumentando sempre di più». Da Hortobagy, riserva per le gru in Ungheria, invece di andare verso Sud (il Nord Africa è la loro destinazione) tagliano la rotta migratoria e passano sulla Pianura Padana: qui trovano le granaglie di cui si cibano, i resti della trebbiatura.
«Adesso le tecniche di coltivazione sono talmente buone che per le povere gru non resta molto» sorride amaro Mingozzi. La diversa rotta è il cambiamento più conseguente al riscaldamento globale. Certo che qui sul fiume alle sei di sera il cambiamento climatico si sente poco. Anche Giovanni, barcaiolo da una vita, barcè che conosce il Po meglio di chiunque altro, sembra avere freddo come noi. «Sa che ieri vicino al mio orto, proprio là: ce n’erano tantissime: era tutto nero di gru». Il terreno di Giovanni è a un paio di chilometri: chissà se le gru hanno scelto quel posto perché c’era più cibo o più tranquillità. «La tranquillità è un problema, nel senso che le gru sono animali molto sospettosi, soprattutto in Italia» dicono gli zoologi. «In altri Paesi sono più confidenti» dice ancora Mingozzi. Alle sette è troppo buio per restare, le gru stanno ancora vociando, il ghiaione è tutto scuro di ali e lunghi colli.















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